Magic Easter Festival

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view post Posted on 30/3/2024, 20:32
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Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente. (William Shakespeare - Romeo e Giulietta)

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’evento si svolgerà poco fuori Diagon Alley, in un ampio campo della campagna inglese. Un modo nuovo per festeggiare la Pasqua, tra giostre e attrazioni più particolari. A partire dalle dieci del mattino verranno disposte varie passaporte – dei coniglietti di peluche – ad Hogsmeade, in prossimità di Mielandia, BiblioMagic e il Focolare Domestico per gestire l’afflusso di studenti e personale scolastico proveniente da Hogwarts. Lo stesso avverrà in zone strategiche del Regno Unito, per permettere a chiunque di partecipare.
Verrete condotti direttamente di fronte all’entrata, che si presenta come una Quercia cava solitaria, un modo come un altro per ingannare gli sguardi indiscreti dei babbani. Se varcherete il ligneo arco però vi si aprirà un mondo fatto luci vivaci, suoni allegri e profumi zuccherini. Ad accogliervi ci sarà un signore piuttosto affabile, dai capelli candidi e probabilmente in là con l’età. Indossa una casacca vinaccia, abbinata a delle bislacche scarpe troppo grandi per i suoi piedi. Vi rivolgerà un lieve inchino e dal suo cilindro estrarrà, letteralmente, un cestino all’apparenza vuoto. Con un gesto eloquente v’inviterà a frugare al suo interno, se accetterete tra le vostre mani compariranno – tra sorprese più o meno golose – alcuni bigliettini con diverse sfide.
Avrete il coraggio di affrontarle?

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Vari sentieri solcano l’area dedicata al festival, ognuno di essi condurrà ad una specifica attrazione, segnalata grazie a dei caratteristici cartelli in legno. Seguite i sentieri e vi troverete davanti ampi spazi circondati da eleganti staccionate, ognuno custodito da membri dello staff in variopinte divise – c’è chi le indossa a pois, chi a strisce, ma non mancano certo gli amanti dello stile Pollock.

IL LABIRINTO DEL BIANCONIGLIO: Il coniglietto pasquale quest’anno è stato un po’ sbadato, ha dimenticato i regali da distribuire all’ingresso di un labirinto! L’addetto vi porgerà un sacchettino colmo di dolciumi e voi dovrete riportarli al legittimo proprietario, che vi attende all’uscita. Chi riuscirà nell’impresa riceverà un paio di morbide orecchie da coniglio, pronte per essere sfoggiate in giro per la fiera. Basterà sfiorarle con la bacchetta e inizieranno a muoversi, come se si accingessero a catturare ogni suono nei dintorni.

IL BOSCO DI ALICE: Entrando in questo spazio verde vi sentirete minuscoli, ma niente paura, non state rimpicciolendo! Verrete inghiottiti da altissimi steli d’erba, funghi, carote e fiori profumati giganti. Lì in mezzo sono nascoste diverse uova di Diricawl – ovviamente vuote – decorate a dovere, accettate quindi il cestino che l’addetto vi fornirà all’ingresso e sfidate uno dei vostri amici a dar loro la caccia. Vince chi ne recupera almeno 5. E occhio alle fate, queste minuscole creature si aggirano indisturbate e tenteranno di tirarvi le orecchie o peggio…di rubarvi il bottino! Un bottino che andrà consegnato ad un’anziana signora, giudice severa, che vi aspetta impaziente all’uscita. Oltre a dichiarare il vincitore, come ricordo vi donerà un kit per decorare gusci d’uovo, con cui potrete divertirvi e ripetere l’esperienza anche a casa.

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IL CONIGLIO ILLUSIONISTA: Un vero e proprio spettacolo d’illusionismo, adatto a maghi e streghe di tutte le età! Accedendo ad un piccolo teatro all’aperto potrete assistere allo spettacolo dei conigli trasformanti, gestito dalla Magizoologa Daisy Wright. Finita l’esibizione, avrete l’occasione di parlare con Daisy e di avvicinarvi alle sue amate creature.

L’ARTE DEL CIOCCOLATO: Si tratta di una vera e propria degustazione di pregiato cioccolato – speziato in tazza, o temperato e abbinato a vari ingredienti ricercati –, seguita da una coinvolgente lezione pratica su come lavorarlo. Verrete guidati durante l’intera esperienza da uno degli assistenti di chef Gautier, il giovane Jerome Bertrand. Al termine della lezione, come gustoso ricordo, riceverete una delle rinomate uova di cioccolato dello chef con annessa – nascosta al suo interno – una scatolina colma di dolciumi vari!

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Sparsi per l’intera area ci sono diversi banchetti a cui rifocillarsi, sono in legno e pitturati con colori pastello, piuttosto pittoreschi. Vi potrete trovare ogni genere di street food, oltre che svariate quantità di dolciumi – zucchero filato, caramelle e cioccolatini:

HAMBURGER: Classici di manzo, con salsa a scelta tra maionese e ketchup, cipolla ringhiante grigliata e formaggio fondente, con contorno di patatine fritte. Di pesce, con cotoletta di plimpi, maionese e insalata, con contorno di bastoncini di bubotubero alla piastra. Vegetariani, con burger di fagioli corridori e cipolla ringhiante in agrodolce, con contorno di insalata di cavoli zannuti grigliati, noci e miele.

POLPETTE DEL CONIGLIO: Polpette vegetali di carote e ricotta fritte, servite con salsa di funghi saltellanti.

HOT DOG: Con salsiccia classica, servita con mostarda di fico dell’Abissinia.

SUCCHI: Di carota, zucca e frutta varia, serviti freschi con ghiaccio.

FRAPPÉ: A scelta tra cioccolato bianco, al latte o fondente, serviti con panna e granella di zucchero.

BURROBIRRA: Alcolica oppure no, viene servita in versione gourmet con una spolverata di cacao amaro in contrasto con la sua naturale dolcezza.

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Benvenutə al Magic Easter Festival, tutte le informazioni sono in questo volantino (link). L'evento durerà circa un mese e mezzo, gli studenti al primo anno dovranno essere accompagnati da personale scolastico.

Ad inizio festival riceverete il seguente cestino magico contenente uova colorate, ognuna delle quali avrà all'interno un biglietto con una prova da svolgere: anche solo un post di partecipazione vi permetterà di ottenere almeno il cestino con il punto annesso.

MAGIC-CIOK +1 PS: Questo cestino magico è apparentemente vuoto, ma se si infila la mano dentro si recupera una sorpresa magica come cioccolatini, piccoli giocattoli pasquali o bigliettini con prove da svolgere. È perfetto per ravvivare l'atmosfera pasquale e far sorridere i partecipanti, mettendovi alla prova! Attenzione: il cestino resta poi a voi, come regalo!

 
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view post Posted on 4/4/2024, 19:24
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Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente. (William Shakespeare - Romeo e Giulietta)

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«Aby, mi presteresti la tua spazzola per favore?» mi affaccio nel suo dormitorio, l’espressione interrogativa in volto «Non so dove sia finita la mia, avrei giurato fosse sulla mensola del bagno.» faccio spallucce, accantonando così la mia frettolosa spiegazione in un angolo.
«Oh nessun problema.» me la passa senza troppe cerimonie, io finisco di lisciarmi i capelli prima di legarli e restituirle l’accessorio. Tra quaranta minuti ho la passaporta per Diagon Alley, mi sono praticamente appena svegliata e devo ancora mandare giù un boccone per colazione. Ma al cibo penserò una volta a destinazione, ora non ho tempo sufficiente, quello che resta lo impiego per rendermi almeno presentabile.
«Tu vieni alla fiera di Pasqua, vero?» le chiedo, stranamente stavolta non mi ha aggiornata sui suoi programmi giornalieri.
«Sì certo, ma più tardi.» sbuffa infastidita, evidentemente qualcosa non va «Devo passare al laboratorio di Pozioni a breve, purtroppo sono un disastro nella pratica e mi tocca rimediare.» mi osserva come se non capissi, il che mi ruba una smorfia di disapprovazione «Devo esercitarmi ora che è libero, non voglio che gli altri sappiano dei miei pessimi voti.» sono sinceramente colpita, non mi aspettavo tanta dedizione allo studio da lei.
«Non credevo stessi diventando una vera secchiona.» la punzecchio, puntandole persino l’indice al petto e applicando una lieve pressione.
«Solo finché non otterrò almeno una E, poi tornerò ad adagiarmi meritatamente sugli allori.» replica convinta, le sopracciglia biondicce che si sollevano. Tipico di lei, ovviamente. Scuoto la testa rassegnata e non aggiungo altro, la saluto e mi lascio la stanza alle spalle. Recupero il necessario e a passi svelti abbandono la Sala Comune, ho un gruppetto di studenti da incontrare. Quando arrivo nell’atrio sono già lì, eccitati e pronti ad andare «Scusate il ritardo.» cerco di annunciarmi, la mia voce che vuole sovrastare il chiacchiericcio generale «Bene, se non manca nessuno possiamo uscire e avviarci.» gli invito gentilmente, indirizzandoli al portone vigilato da Gazza in persona. All’esterno l’aria invernale ha ceduto già da un po’ il posto ad una più calda, piacevole, che carezza la pelle e trascina con se un sentore floreale che vi si imprime. Il verde, lungo la strada per Hogsmeade, sta prendendo il sopravvento e rende l’ambiente vivo. Raggiunto il negozio di Mielandia un coniglietto di peluche si palesa, desidera che sfioriamo il suo morbido pelo. Lo accontento e lui, non certo con la tenerezza che contraddistingue i suoi simili, mi abbraccia con un vortice. Avverto uno strappo al ventre e mi sale la nausea, ho lo stomaco vuoto e pure sottosopra adesso. Se non vomito è un miracolo, la botta al coccige poi non aiuta. L’atterraggio al solito non è per niente comodo, ma almeno l’erba attutisce un minimo il colpo. Mi rialzo lentamente, mi sento pallida e il corpo barcolla come fossi ubriaca. Con le mani tolgo gli steli rimasti attaccati agli abiti, un’operazione che porto a termine in maniera meticolosa. Prendo un respiro profondo, mi riprendo e mi rivolgo al gruppetto che ho di fronte «Per il ritorno ci ritroviamo direttamente qui al tramonto, davanti alla Quercia. Occhio a non perdervi, mi raccomando.» sono le ultime istruzioni che fornisco ai miei concasati più piccoli, li vedo oltrepassare l’arco in nodoso legno, assaltare attrazioni e banchetti di dolciumi vari.
L’uomo all’ingresso ha l’aria simpatica, buffa. Gli sorrido divertita, accetto di buon grado il cesto che mi porge. C’è odore di bosco, di primavera, che si mischia a quello lieve di cioccolata che gli impregna i vestiti. Ed è questo profumo dolceamaro che, una volta varcata la soglia, mi spinge a leggere i cartelli all’inizio dei sentieri. Seguo quelli che conducono all’angolo lavoro dei pasticceri, allestito con una serie di tavoli in legno posizionati a scacchiera sotto un pergolato. Jerome Bertrand accoglie i presenti, con un gesto della mano ci prega di accomodarci. Trovo un posto libero al centro, mi siedo e curiosa scruto attentamente i vassoi disposti sulla superficie. Il giovane ci sorride, attende solo la spicciolata di ospiti in fila per entrare e finalmente iniziare.

Camille Donovan | Hufllepuff Prefect







Al solito, per i Tassini al primo anno, se serve contate pure su Camille come accompagnatrice :zalve: :<31:


Attività svolte

1. Condividi cioccolata con qualcunə.

2. Indossa un paio di orecchie da Coniglio Pasquale.

3. Decora un guscio d'uovo.

4. Fai a gara di salti con un Coniglio Trasformante (X).

5. Sfida qualcunə ad una Caccia alle Uova.

6. Prepara la cioccolata calda perfetta.

7. Arrampicati su una carota gigante.

8. Ogni famiglia ha le proprie tradizioni per Pasqua, condividi la tua con qualcunə.

9. Sorpresa! Apri l’uovo di cioccolata di chef Gautier e racconta cosa trovi all’interno.

Prova Extra! Trasfigura le scarpe di qualcunə in coniglio.

 
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view post Posted on 6/4/2024, 14:34
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Diagon Alley è in fermento, un via vai di gocce di colore e magia creativa: conigli che spuntano dai cilindri, capannelli di artisti di strada, uova di cioccolata sospese a mezz'aria, e tanto, tanto altro. C'è l'imbarazzo della scelta, e credo fortemente che Pasqua non sia mai stata così sentita — fin nel profondo — quanto quest'anno. L'annuncio del Magic Easter Festival, d'altronde, ci ha messo lo zampino. Quasi è stato un segreto, fino ad oggi: una voce di sussurro sulla bocca di maghi e streghe. Pronostici, aspettative, promesse — il Festival, si sa, è un mondo in attesa, una cornice variopinta che attira i più. Nella sfilata di passanti per la periferia della cittadella, difatti, ci sono anch'io. Ho una sfera di cristallo nella tasca destra, un giocattolino di legno intagliato nella forma di un Tuono Alato sulla spalla sinistra, una schiera di anelli, amuleti e bracciali qui e lì, e... un cane, un setter irlandese, che mi trotterella attorno, talvolta quasi tra i piedi sì da inciampare. Potremmo passare, insieme, per veri e propri circensi; non è che siamo poi tanto distanti dall'atmosfera tutto intorno. In realtà, e lo noto con un pizzico di divertimento, potrei barattare il mio cappellino blu con uno a cilindro, in stoffa color inchiostro, di un giocoliere di strada. Non ho mai avuto un Coniglio Trasformante, e chissà, non mi dispiacerebbe. Ad ogni modo, sento di essere più in forma di quanto non sia stato per lungo tempo. Certo, la carnagione è più diafana, le occhiaie sono tornate a cicatrizzare l'insonnia in modo evidente, e di per sé le mani spesso mi tremano inaspettatamente. Penny, nei pochi cenni che continuiamo a scambiarci, oggi mi ha detto di essere "tenebroso", e mi sono chiesto cosa potesse significare. Mi sono chiesto, anche, se fosse un complimento o meno, il suo sorriso mi ha fatto bene. Credo che il tempo stia cambiando, e lo comprendo meglio di molti: questo, lo so bene, è il preludio. L'attimo di respiro prima della tragedia, è tutto qui. In effetti, l'Occhio è in sospiro: stilla frammenti di visioni, talvolta incomplete. Ho perduto il senso reale delle cose, l'abilità — per me tanto importante, anzi fondamentale — di distinguere l'illusione dal futuro certo. Mi sono imposto di guadagnare il rispetto della vita, di goderla. Oggi sto bene, sono sveglio: e tanto basta per non pensare all'avvenire, perché... perché i Narcisi sono fuori stagione, ancora per poco.
«Qui, bello. Oltre la quercia.» Invito il cane a seguirmi: non c'è guinzaglio, non c'è pressione. Aslan è addestrato, sebbene iperattivo e in parte monello. Ho il passo lento di chi non ha fretta, di chi ricorda un turista in visita. Diagon Alley è splendida, oggi. Lo è perfino in periferia, nel fazzoletto di terra, erba e fiori colorati tutto intorno. Mi accoglie un vecchietto canuto, molto cortese; rivolge un cenno di saluto, quasi un inchino, e io ne seguo l'esempio. Poco dopo mi ritrovo con un cestino, diversi ovetti dipinti all'interno, un coniglietto di legno e alcuni... bigliettini. Mi basta poco per capire si tratti di sfide, di autentiche prove di puro, genuino divertimento. L'iniziativa mi manda in visibilio, e torno ad essere il bambino che cercava le uova colorate di zia Adele in giardino. Oltre la quercia si spalanca un orizzonte di meraviglie: il labirinto, il giardino incantato, il ritrovo del cioccolato. Non ho idea da dove iniziare, ho avuto la brillante idea di non chiedere a nessuno — neanche tra i miei concasati — di trascorrere un po' di tempo insieme. Il bigliettino che recupero dal cestino mi chiede di condividere cioccolata con qualcuno.
Ed è perfetto, mi dico. Innanzitutto perché ho una tavoletta di cioccolato (marca rigorosamente Mielandia) in una delle tasche, ma anche e soprattutto perché la sfida giunge in risposta ad uno dei motivi per i quali mi ritrovi qui, al festival magico. Gira voce che Jerome Bertrand, promessa stella della cucina di Chef Gautier nonché suo collaboratore migliore, sia presente come ospite d'eccezione dell'evento. Il suo nome non mi è nuovo, perché anni addietro la Gazzetta del Profeta ha realizzato un omaggio spettacolare di vere e proprie uova di cioccolato magiche, per gli abbonati. L'uovo è stato opera del team di Gautier, e l'aggiunta del pulviscolo di fleur de sel di Camargue al cioccolato è stata una delizia proprio di firma Bertrand. Potrei dire di esserne appassionato? Senza dubbio. Tra sfera, gioielli, cappellino, cane e allegra brigata, ho con me la sorpresa dell'Uovo Magipiuma, proprio il giocattolino di Tuono Alato sulla spalla; e, di conseguenza, ho anche la pagina numero sette della ricetta dell'uovo, che ho intenzione di far autografare da Chef Bertrand. In realtà, non sono un esperto culinario, affatto. Ma zia Adele ne è affascinata, così come mia madre. Non porterò loro nessuna ricetta, nessun autografo, nessun regalo... la distanza è presente, ma l'idea è di riavvicinarmi a loro, pur indirettamente. Sono al pergolato sotto cui si incastrano i tavoli in legno della lezione sul cioccolato ancor prima di averne consapevolezza. E, con un battito gentile e un sorriso spontaneo, il cuore si accorge di una figura familiare. Mi sorprende che Camille Donovan sia qui, in una culla di magia e delizia? Assolutamente no. Ne sono felicissimo, e chiamo velocemente Aslan per sussurrargli poche parole all'orecchio. Trotta via, il setter irlandese: una macchia di fuoco rossiccia, appena più dorata per i riflessi del sole del giorno; ha una tavoletta gigantesca di cioccolato stretta in bocca, coperta com'è dalla carta così da non intaccarla. Si avvicina più possibile verso la figura che gli ho indicato, e di lì a breve tenta di strofinare la testolina e la coda voluminosa lungo le gambe dell'altra. Ha con sé la cioccolata, che cerca di offrire. Volge poi la testolina verso di me, come a chiedersi se abbia fatto bene o meno. Mi troverai tra la folla, Camille? Se guardi nella mia direzione, io ti saluterò. Con la mano prima in alto, e poi a mimare un colpo di pistola.
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Luogo: stand Arte del Cioccolato
Interazioni: Camille


prove in corso

1. Condividi cioccolata con qualcunə. ✓
2. Indossa un paio di orecchie da Coniglio Pasquale.
3. Decora un guscio d'uovo.
4. Fai a gara di salti con un Coniglio Trasformante.
5. Sfida qualcunə ad una Caccia alle Uova.
6. Prepara la cioccolata calda perfetta.
7. Arrampicati su una carota gigante.
8. Ogni famiglia ha le proprie tradizioni per Pasqua, condividi la tua con qualcunə.
9. Sorpresa! Apri l’uovo di cioccolata di chef Gautier e racconta cosa trovi all’interno.
Prova Extra! Trasfigura le scarpe di qualcunə in coniglio.

 
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view post Posted on 7/4/2024, 15:37
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entropia.

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Rigos
Nieve











Gardenie. Gardenie tra i capelli — bianche con una lieve sfumatura di rosa sul bordo dei petali. Nieve li indossa con leggerezza tra le ciocche d’argento. Non è opera sua, chiaramente. Non è mai stata brava ad acconciare quella criniera dalla personalità un po’ troppo forte. Di solito, sono sempre stati gli altri a farlo per lei, almeno da quando è a Londra, ché prima era talmente sudicia da rendere inverosimile dare forma ai fili neri che portava sul capo. Anche stavolta il merito è da attribuire alla persona che, più spesso, si è curata del suo aspetto — non con la pretesa di cambiarla perché non andasse (o vada) bene; solo per il piacere di mostrarle che, le cose belle, se le merita anche lei: nonna Lucrezia.
Passeggiano l’una accanto all’altra, in un giorno festoso e soleggiato che sa davvero di primavera. Nieve si guarda intorno, serena. Da quando ha ricominciato a vedere i nonni, un nuovo livello di pace si è aggiunto alla sua vita. È un po’ come se venissero aggiunte colonne portanti a un rudere che si è retto a stento in piedi per anni. È bizzarro da dire, ma la Rigos si sente ristrutturata. Non che sia tornato tutto come prima. Lei, del resto, checché ne possano dire taluni, non è più la stessa persona d’un tempo. Non ha ancora abbracciato i nonni, ad esempio, e sobbalza quando casualmente si sfiorano. Sono solo pochi giorni che ha deciso di azzardarsi a oltrepassare la soglia dietro la porta turchese e, comunque, preferisce che stiano all’aperto, nel cortile interno. Un ruscello di timori al sapore di senso di colpa gorgoglia dentro di lei. Ecco perché non riesce a lasciarsi andare.
«È stata proprio una bella idea, non trovi? Questo evento di Pasqua.»
La voce di nonna Lucrezia la risveglia. Assorta com’era, fa un piccolissimo sobbalzo prima di voltarsi in direzione dell’altra. Un sorriso si affaccia sulle sue labbra quando il pensiero “Quant’è bella!” fa cucù tra i tanti che le mettono agitazione sovente. E, in effetti, di Lucrezia non si potrebbe dire diversamente. Anche oggi che i colori pastello della camicia si abbinano perfettamente all’incarnato roseo e ai capelli di una tonalità meno bianca di quelli di Nieve, è raggiante nella sua semplicità.
La nipote annuisce. «Sì. Sembra una delle cacce alle uova che organizzavate tu e il nonno quando ero piccola per convincermi a parlare.»
Che belli quei tempi! Nieve li rivive in un secondo con nostalgia. Sa bene che il suo animo non fosse tranquillo nemmeno allora, funestato dagli ultimi ricordi raccolti in Islanda. Ma si osserva cercare i gusci decorati tra i cespugli e gli steli d'erba, e realizza di aver avuto proprio in quei momenti un primo assaggio della felicità che la nuova vita le avrebbe dato.
«Stavo pensando la stessa cosa» dice di rimando la nonna, rivolgendole un sorriso identico per emozioni. «A proposito… tuo nonno mi ucciderebbe se sapesse che te l’ho detto, ma credo che ne stia organizzando una per te in questi giorni.» Tentenna. «Ti dispiace?»
Nieve la sorprende con una risata. Non avrebbe mai immaginato che il nonno avesse in serbo qualcosa del genere per lei — ha diciannove anni, insomma —, ma è così in character che non rimane poi troppo interdetta. La dolcezza del gesto, inoltre, la investe al punto da illucidirle gli occhi grandi.
«Certo che no» si affretta a rispondere. «So già che farò scorta di cioccolato da qui al prossimo anno. E sai quanto mi piaccia il cioccolato!»
«Soprattutto, lo sa tuo nonno» risponde Lucrezia con espressione ora più rilassata. Sarebbe rimasta scontenta se la sorpresa organizzata per lei si fosse rivelata, in realtà, motivo di turbamento. «Ora devi giurarmi di non dire che te l’ho spoilergiato, come dici tu. Sennò mi tiene il broncio per almeno un mese.»
Nieve ride ancora, stavolta per l’errore della nonna. «Si dice spoilerato, comunque. Ma che memoria di ferro hai!»
La nonna non aggiunge niente. Se lo facesse, sa che il suo slancio emotivo — farle sapere che non dimenticherebbe mai nulla che la riguardi — potrebbe essere complesso da gestire per Nieve. Perciò, si limita a farle un occhiolino.
«Tesoro, è tutta la mattina che giriamo e io ho una certa età. Va bene se ti lascio da sola, torno a casa e mi metto a riposare? E, se ti va di rimanere a cena, cucino tutte le tue cose preferite. Però, non portare il cioccolato o il nonno te lo dimezza e si fa venire il diabete.»
Un po’ dispiace a Nieve perdere la compagnia della nonna. Sta riscoprendo il calore della vicinanza dopo tanti anni di solitudine; e si è accorta che è come avere tanta sete e trovare finalmente una fonte di acqua purissima. Di volta in volta, il piacere che prova nell’avere qualcuno di fianco è paragonabile alla sensazione che si prova nel gustare qualcosa di nuovo e delizioso. Difficilmente ti sembra di poterne fare a meno.
«Va bene. Così, nel pomeriggio riesco a passare da un’amica.»
«Isabella?» Nieve annuisce. «Devi farcela conoscere qualche volta. Sembra uno spasso!»
«Oh, lo è!»
Si salutano poco dopo. La nonna trattiene l’impulso di allungarsi per lasciare un bacio leggero sul viso della nipote. La nipote apprezza il rispetto dei suoi spazi che i nonni, non troppo sorprendentemente, stanno mostrando.

Nieve passeggia con animo lieto per il luogo deputato a ospitare l’evento. Ha oltrepassato l’arco nodoso d’ingresso, ha accettato di buon grado il cesto che le è stato porto e ha salutato con un inchino infantile l’uomo che ha fatto altrettanto. Da qualche tempo, le sembra di potersi concedere un assaggio di libertà — libertà dallo schema comportamentale che si è imposta, libertà di vivere una vita più spensierata. Non è un lusso che le spetta di frequente, ma le brevi parentesi cui si lascia andare la ricaricano per il tempo necessario ad aprire la successiva.
Ha raccolto un biglietto dal fondo del paniere e lo ha letto con interesse. Ha ridacchiato un pochino alla scritta “Condividi il cioccolato con qualcunə” perché non è la prima cosa cui ha pensato quando le si è prospettata la possibilità di accaparrarsi un bel bottino. Ma Nieve è fondamentalmente generosa. Quindi, non rigetta la sfida.
Passeggia tra le attrazioni, lemme lemme, e riconosce i volti di alcuni primini. Saluta quelli che sventolano una mano nella sua direzione — ora, la nomea che la voleva spaventosa si è affievolita e non la temono più — e annusa l’aria quando il profumo di cibo la raggiunge. Si trova quasi senza accorgersene in un angolo dove i dolci sembrano farla da padrona. Nieve non ama i sapori stucchevoli, ma è per un motivo in particolare che si ferma. Vede Camille seduta a un tavolino. Vicino a lei, un setter irlandese scodinzola con qualcosa tra le fauci.
È da un pezzo che vuole contattarla. Il regalo che le ha fatto recapitare — un asticello buffissimo di nome Betullo, che si affaccia dalla tasca della camicetta carta da zucchero — l’ha sorpresa. Non pensava che la Tassorosso, conosciuta in circostanze burrascose, potesse averla a cuore al punto da metterla nella lista dei doni di Natale. Nieve si è attardata a ricambiare perché desiderava prenderle qualcosa di speciale, non un oggettino qualsiasi trovato in un negozio di Londra. Alla fine c’è riuscita. Ed ecco che le si avvicina.
«Camille» esordisce, un sorriso birbante sulla bocca. «Non sapevo di cercarti, ma ti cercavo.» Nieve ha un modo un po’ bislacco di esprimersi con quelle sue uscite strampalate e un accenno di durezza nella pronuncia dovuto alle origini islandesi. «Volevo ringraziarti per Betullo» le dice, indicando l’asticello timoroso che sbuca appena dal suo nascondiglio. Estrae due biglietti animati dalla tasca estensibile del jeans che si è fatta confezionare dalle sorelle di Crazy Scissors, un negozio di vestiti piuttosto famoso nella Londra magica,. A guardarne la facciata, si vede un tizio scuotere la testa da su a giù e, poi, farla roteare senza posa. «Sei ufficialmente invitata al concerto dei Plimpy a Ultrasuoni. Non so se ti piace la musica, ma… ho pensato che scatenarti un po’ fosse una buona idea per scaricare la tensione da Prefetta.»
Ammicca con complicità, benché in sostanza non si conoscano affatto. Non sa di aver appena rotto le uova nel paniere a lei e Oliver.

Role scheme © ˜Serenitÿ

 
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view post Posted on 8/4/2024, 19:41
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Vedo la folla scorrere come dai finestrini dell’Espresso, i corpi liquidi scivolano oltre il tavolo e sfumano via. I bordi delle siluette che non assumono definizione, colpa dell’attuale stato di distrazione in cui sono caduta. Nell’attesa ho svuotato completamente la mente, ho messo da parte la concentrazione. Fisso un punto imprecisato che ho davanti, il gomito puntellato sulla superficie lignea e il mento poggiato sul palmo. Non so per quanto resto così, so solo che a risvegliarmi è una leggera ed insistente pressione alla gamba. Batto le palpebre per riscuotermi, tento di capire chi o cosa stia attirando la mia attenzione: un cagnolino. Qualcuno l'ha smarrito? Com’è arrivato fino a qui? «Ehi, bello! Hai perso il tuo padrone per caso?» mi rivolgo con dolcezza alla creatura, senza negargli una serie di carezze e un paio di grattini dietro le morbide orecchie. Tiene in bocca qualcosa, me la porge e io l’accetto tenendola con cura tra le mani. La osservo curiosa e, in breve, mi rendo conto che si tratta di una tavoletta di cioccolata. Sono colma di domande adesso, ma presto si dissipano come la nebbia. Seguo lo sguardo del tenero cucciolone, incrociando quello di una figura a me particolarmente cara. Sul mio volto compare un ampio e sincero sorriso, il cuore si sente a casa e la bocca mima un silenzioso grazie. Ricambio il saluto e con un semplice gesto t’invito ad avvicinarti, prendendo posto di fianco a me. Intanto tolgo l’incarto che avvolge il dono zuccherino, spezzandone poi delicatamente un paio di frammenti. Uno è per me, non esito infatti ad assaporarlo, l'altro invece te lo porgo appena mi raggiungi «Dunque, non mi avevi detto di aver assunto un nuovo postino.» per un istante intreccio le braccia al petto, ammantata da un’aura degna di un investigatore, le sopracciglia che scattano in su. Una maschera che cala prima di quanto preventivato, i lineamenti non resistono, si sciolgono e fanno trasparire esclusivamente affetto: per te, per il messaggero che hai ingaggiato. Concedo al piccolino una nuova e generosa dose di coccole, se le merita «Temo la cioccolata non sia adatta come ricompensa per la consegna delle missive però, vediamo se ho qualcos’altro qui, sei d’accordo?» un rapido occhiolino e infilo la mancina nel cestino, quando la ritraggo tra le dita stringo una pallina gommosa e variopinta «Ecco qua.» gliela mostro e gli permetto di annusarla e studiarla, se vorrà sarà sua e potrà giocarci tutto il tempo che desidera «Come si chiama?» assimilo le informazioni se me le fornirai. Le assimilo finché non sento chiamare il mio nome. Passo in rassegna i presenti, individuando poi la fonte di quella voce e le labbra automaticamente curvano in alto e sollevano le guance.
«Ehi, Nieve» un soffio di brezza, ti solletica l'udito con la leggerezza che mi contraddistingue. Sono felice di vederti, così come lo sono di scoprire che hai accolto il buffo Asticello nella tua vita «E ciao anche a te, Betullo. Hai scelto un bel nome, gli si addice sai?» allungo piano l’indice verso di lui per sfiorarli la zampetta legnosa, un modo educato per presentarmi come si deve. E, se ci penso, noi non ci siamo mai riuscite. O meglio, ci abbiamo provato, ma evidentemente gli attimi non erano propizi e il fato ha trovato opportuno interromperci con qualche ostacolo. Troveremo mai l’occasione ideale per poter parlare tranquillamente? Sempre che a te stia bene, ovviamente. Certo questo festival, con la sua atmosfera allegra, la compagnia di persone amiche e fidate, è perfetto, no? Tu invece, Nieve, me ne proponi addirittura un’altra, completamente diversa «I Plimpy a Ultrasuoni? È un’idea meravigliosa, io-…grazie, davvero.» sono piacevolmente sorpresa, non immaginavo fossi disposta – o comunque interessata – ad approfondire la nostra conoscenza in un contesto tanto particolare. La mia aspettativa si fermava a quattro chicchere, come quelle brutalmente interrotte, ma finalmente in assenza di quel piantagrane di Davies. E invece ho in mano dei biglietti per un concerto, a dimostrazione del contrario «Non vedo l’ora e….sono sicura che ci divertiremo da matti l’ultima frase la dico con un tono un po’ più basso, accostandomi a te, come fosse un segreto condito di entusiasmo. Non indosso sempre la spilla da Prefetto, imparerai – probabilmente già adesso – che non sono così rigida e rompiscatole come sembro a scuola.
«Oliver può confermare quanto sia appassionata di musica, sono cliente fissa al negozio dove lavora in pratica.» riporto l’attenzione su di te, Oliver, ho un’espressione complice dipinta in viso.
«Dai, siediti con noi» c’è ancora uno sgabello libero, ci tamburello su per non lasciarti alcun dubbio, Nieve «Ho sentito parlare molto bene di Jerome.» offro anche a te un quadretto di cioccolata, una sorta di “benvenuta nel club". Contemporaneamente davanti a noi compaiono tre tazze della stessa, ma calda e fumante, con un ottimo sentore di cannella e altre spezie che non riesco ad identificare. Stanno per iniziare?

Camille Donovan | Hufllepuff Prefect







Interazioni: Oliver e Nieve :<31:


Attività svolte

1. Condividi cioccolata con qualcunə.

2. Indossa un paio di orecchie da Coniglio Pasquale.

3. Decora un guscio d'uovo.

4. Fai a gara di salti con un Coniglio Trasformante.

5. Sfida qualcunə ad una Caccia alle Uova.

6. Prepara la cioccolata calda perfetta.

7. Arrampicati su una carota gigante.

8. Ogni famiglia ha le proprie tradizioni per Pasqua, condividi la tua con qualcunə.

9. Sorpresa! Apri l’uovo di cioccolata di chef Gautier e racconta cosa trovi all’interno.

Prova Extra! Trasfigura le scarpe di qualcunə in coniglio.

 
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view post Posted on 11/4/2024, 16:00
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Colpo secco. Rispondo subito al saluto, continuo in effetti a muovere la mano da un lato all'altro, mentre il cenno di finta minaccia sfuma velocemente. Mi piace scorgere la tua figura da lontano, mi ricorda una scena che è familiare e che, per me, diventa finalmente un punto fisso. Ti sorrido, e puoi scorgere il cambiamento ridente del mio volto fin da subito. Non mi lascio pregare, affatto. Mi porto avanti, un passo affrettato — Aslan è impaziente, a sua volta. Il cagnolino è d'un tratto frenetico; forse perché felice di aver portato a termine la consegna della tavoletta di cioccolato, forse perché le carezze lo mandano in visibilio. In altre circostanze, correrebbe verso di me. Per la prima volta, con tutta probabilità, Aslan resta invece al proprio posto, nelle tue vicinanze. Cos'è che cerca, anche lui? Ha già catturato la prospettiva di giochi — la pallina che presto cacci dalle tasche — oppure è semplicemente emozionato di trovarsi alla presenza di tante, giocose persone? D'altronde, Aslan è stato un tronco. E mi appunto di raccontarti la sua storia, un'altra avventura bizzarra che di certo potrai cogliere perfettamente. Già mi piace.
«Lui è Aslan. Credo voglia stare solo con te, ora.» Il mio è un sospiro divertito, una voce che s'incastra da lontano alla stregua di un'eco di passaggio. In effetti, basta poco per accorgermi di una figura raffinata che si avvicina; sono pronto a stringerti in un abbraccio, che sia una carezza oppure un ritrovo vero e proprio, ma non riesco in tempo: un po' per colpa di Aslan che mi tira giù mordicchiando la manica della felpa blu scuro, un po' perché tutto intorno iniziano a sistemarsi e ad arrivare tanti altri spettatori. Provo solo a sfiorarti con gentilezza, accettando di buon grado il pezzetto di cioccolato; è una voce familiare che mi riporta in ascolto. Accarezzo la testolina di Aslan, un po' in disparte da te e dalla nuova persona che ti ha raggiunto. Il setter pretende tante coccole, già viziato, e cerca di sgraffignare perfino la cioccolata. Alla fine scatta all'impazzata, via verso la pallina lanciata.
Betullo... Plimpy a Ultrasuoni...
«Nieve» Nieve. Nieve Rigos. Salto su a mia volta, quasi repentino quanto Aslan — una macchia vermiglia alla ribalta, un'altra più goffa che spunta tra voi. Riconosco la tua voce, Nieve. Ancor prima di vederti per bene, ancor prima di comparire lungo i vostri sguardi. Ho come una scarica d'adrenalina, un colpo al cuore di un dolore che è nostalgia e sorpresa insieme, un dolore che — paradossalmente — mi rende vivo, e mi fa bene. Non ho idea se tu mi riconosca subito, quant'è passato dall'ultima volta? Tu... tu sei tu, l'incanto di un tempo che resiste e che si fa sentiero. Catturo i dettagli del tuo aspetto, velocissimo, con il timore che tu possa sparire come un'illusione; e sorrido alle gardenie che ti ingentiliscono il capo, ai colori che ti dipingono un'identità a me così vicina, e che mi è mancata. Per un attimo ho quasi il desiderio, forse d'egoismo, di ritrovarti con la mia giacca di jeans, come a dirmi di non aver dimenticato — né me, né noi.
«È così bello rivederti!» Lo dico con assoluta sincerità, il mio sorriso è un contrasto luminoso lungo le mie occhiaie d'ombra; segue, per me, l'istante di un imbarazzo naturale: posso abbracciarti? Lo scorgi dalla tensione delle mie mani, un brivido che si ripercuote e spezza in stasi lungo le spalle. Vorrei stringerti a me, perché mi sei mancata. Guardo entrambe, l'una all'altra: vi conoscete? E perché, e come, e chi è Betullo? Ho tante, troppe domande. Eppure... forse scioccamente, la prima cosa che mi viene da dire è infantile.
«Chi sono i Plimpy ad Ultrasuoni?» *Davvero?*, mi dico. Jerome Bertrand, per grazia divina, fa il suo ingresso alle mie spalle. Lungo il pergolato è come un miraggio primaverile, forse un effetto magico più scenico del previsto: sull'intreccio di rami e germogli in attesa, infatti, sbocciano tinte pastello di rose malva, rubino e tramonto. Le sedie si sospendono a mezz'aria, sistemandosi ai tavolini in legno. Tutto intorno si fa spazio, un cerchio libero di terra, fiori e... lui, Chef Bertrand. Ha la voce idilliaca, infinitamente melliflua: è miele per i più, in parte per l'accento romantico, in parte per l'eleganza che la contraddistingue. Jerome incarna lo stereotipo francese, per eccellenza: ha un profilo d'armonia longilinea, indossa un lungo abito da maître chocolatier con tanto di cappello color panna; ha lunghi capelli in onda tinta d'inchiostro, occhi espressivi e molto grandi e un sorriso del tutto affabile. All'applauso che segue, si presenta in un inchino e sospende l'attenzione lungo la sala.
«Accomodatevi, mes chéris.»
Code • Oliver

Luogo: stand Arte del Cioccolato
Interazioni: Camille, Nieve


prove in corso

1. Condividi cioccolata con qualcunə. ✓
2. Indossa un paio di orecchie da Coniglio Pasquale.
3. Decora un guscio d'uovo.
4. Fai a gara di salti con un Coniglio Trasformante.
5. Sfida qualcunə ad una Caccia alle Uova.
6. Prepara la cioccolata calda perfetta.
7. Arrampicati su una carota gigante.
8. Ogni famiglia ha le proprie tradizioni per Pasqua, condividi la tua con qualcunə.
9. Sorpresa! Apri l’uovo di cioccolata di chef Gautier e racconta cosa trovi all’interno.
Prova Extra! Trasfigura le scarpe di qualcunə in coniglio.



Ho cercato di incastonare al meglio, perdonatemi eventualmente.
(Jerome è tutto vostro!)
 
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view post Posted on 13/4/2024, 20:53
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entropia.

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Rigos
Nieve










Oliver. Non un Oliver qualsiasi. Oliver Brior. Sembra impossibile, un miraggio, eppure lo sente parlare e capisce che anche Camille, che ha usato il “noi”, riesce a vederlo. Non è uno scherzo della sua immaginazione.
A Nieve spiacerà, di lì a breve o forse con qualche ora di ritardo, aver ignorato le frasi della Tassorosso. Le avrebbe risposto con lo stesso entusiasmo, si sarebbe accomodata e le avrebbe chiesto di più della sua passione per la musica — anche Nieve, del resto, non riesce a resistere al richiamo. È solo che lui è lì, proprio davanti a lei, e i suoi pensieri incespicano, il fiato si sospende e i suoi occhi non smettono di percorrerne il profilo. Da quanto tempo non si vedono? Anche se non riesce a ricordarlo, l’isola di Skye conserva il loro ultimo abbraccio, quello di una gita dove per l’ennesima volta ha lasciato che la rabbia e il veleno bevuti per due anni mutassero la sua natura e investissero gli altri. Allora, però, Oliver l’ha stretta a sé e…
Nieve si slancia in avanti, gettando le braccia al collo dell’amico — può ancora permettersi di chiamarlo tale? — e lo stringe così forte che, per un attimo, teme di potergli far male. La sua espressione è ancora sconcertata: le palpebre non smettono di battere sugli occhi, le labbra stanno schiuse, i polmoni sbagliano e riprovano. Quante volte, quest’anno, ha guardato la poltrona della Sala Comune e ha sentito la sua mancanza, domandandosi perché (anche lui) fosse sparito! Quante volte avrebbe voluto scorgerne i riccioli solo per sapere che, qualunque cosa fosse accaduta, lui ci sarebbe stato sempre perfino nei silenzi! Quante volte ha scrutato con nostalgia l’angolo dove si sono sfidati agli scacchi dei maghi con la consapevolezza di non avere alcuna chance di vincere contro quel secchione!
“Me lo insegni qualche trucco, Olly?” gli aveva chiesto una volta con lo sguardo serio piazzato sulla scacchiera nel tentativo di comprendere cosa proprio non funzionasse nelle sue mosse. “Non sono disposta ad accettare di essere così schiappa!” Si erano guardati, poco dopo, e avevano riso. Oliver, naturalmente, le aveva riservato una parola gentile e aveva accondisceso alla sua richiesta.
Mentre lo abbraccia, Nieve lo sa che si sono persi spesso e che, il loro legame, avrebbero potuto coltivarlo di più. Se n’è resa conto il giorno in cui, aggredita verbalmente da un coglione del quinto anno cui aveva spaccato il naso senza pensarci troppo su — non senza fratturarsi la nocca a sua volta —, era tornata nel dormitorio e si era seduta sul letto. Tutti la giudicavano, si era ritrovata a pensare, ma Oliver non l’avrebbe fatto. Perciò, aveva indossato la giacca di jeans che le aveva lasciato in dono prima di sparire ed era andata a sedersi sulle sponde del Lago Nero, inspirandone il profumo. Le mancava.
«Sei… sei qui.» Non riesce a dire altro. Lo sussurra piano, come temendo di spezzare un incantesimo e vederlo sparire in uno sbuffo di fumo. «Sei qui» ripete, incredula.
Ha notato i segni lasciati dal tempo sul viso di lui. Li ha visti: le occhiaie profonde, l’incarnato pallido, lo sguardo di chi ha affrontato una tempesta e ne è riemerso a fatica. Si riconosce in quel dolore, ma non è a questo che sta pensando mentre lo stringe di più, dimentica del fatto che Betullo sia nella sua tasca e rischi di rimanere schiacciato nella morsa. Pensa, invece, al primo giorno di scuola quando lui le ha sorriso incoraggiante, le ha mostrato la Sala Comune — e, con lei, ad altre matricole — e l’ha fatta sentire al posto giusto. Pensa alla mattina che le ha consegnato la spilla da Prefetto, agli allenamenti, alle risate, alle occasioni in cui gli ha detto “Sei la persona più golosa di dolci che abbia mai conosciuto. Quasi quasi fai venire voglia di mangiarli pure a me”.
«Io…» Vorrebbe scusarsi, Nieve. Vorrebbe riempirlo di domande. Vorrebbe sfiorargli il viso e registrare ogni più piccolo cambiamento, ma non lo fa perché implicherebbe lasciarlo andare. E non è sicura di poterselo permettere dopo averlo ritrovato. Nasconde il nasino contro la sua spalla. «Mi sei mancato!»
È la prima persona cui lo dica così apertamente, a parole. Non ha riservato questo dono neppure a Thalia o ai nonni. Non c’è riuscita. Ma con Oliver… con Oliver la confessione scivola in modo così naturale fuori dalla sua bocca che nemmeno se ne accorge. Dovrebbe preoccuparsi, altrimenti, di essersi esposta e di aver compiuto l’ennesimo passo nella direzione opposta a quella che si è imposta. Solo che è troppo dentro il momento per notarlo. È semplice e vero, naturale: Oliver le è mancato e lo ha realizzato non appena lo ha rivisto.
Ci sarebbero molte cose da dire su loro due. Ad esempio, che Nieve ne ha fatto nella sua mente un punto di riferimento. Perfino quando si sono allontanati, le forniva un conforto sottaciuto sapere di averlo intorno, di condividere lo stesso spazio a scuola. Non vederlo con la divisa rosso oro indosso, nel tempo che lui ha trascorso lontano da Hogwarts, ha tolto alla Casa — e a Nieve in particolare — la sensazione di essere al sicuro; completa. Il Grifondoro non è più stato lo stesso senza Oliver.
Scioglie la presa, titubante. L’amico non è ancora sparito, è lì con lei, è reale. Nieve cerca il suo sguardo senza aver realizzato di aver pianto una lacrima o due. «Ciao» gli dice e sorride.

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view post Posted on 24/4/2024, 18:22
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Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente. (William Shakespeare - Romeo e Giulietta)

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«Ça va?» la voce del pastry chef si spande in lungo e largo nella location, un ampio sorriso è il suo personale benvenuto. Ha una faccia simpatica, si percepisce che ama il suo mestiere e non vede l’ora di trasmettere la sua passione ai suoi ospiti. Batte le mani un paio di volte, come fosse il richiamo di un gong che invita i fedeli alla preghiera «Bien, come sapete oggi siamo qui per proporvi una degustazione della nostra migliore cioccolata. Sono sicuro che ne avete sentito parlare, in caso contrario oggi sarà letteralmente sulla bocca di tutti voi.» lancia uno sguardo eloquente, sostenendosi per un istante alla postazione dietro la quale troneggia la sua figura. Su di essa sono disposti diversi vassoi colmi di prelibatezze, gli stessi forniti ai partecipanti: cioccolatini, bon bon e mono-dosi di creme varie rigorosamente accompagnati da un cartoncino esplicativo. L’aspetto è meraviglioso, un’esplosione di gusti che sono curiosa di scoprire a breve.
«Iniziamo con quella in tazza, classica alla cannella con un tocco di panna.» indica prima la sua, per poi con un semplice gesto del braccio includere l’intero pubblico «Godetevela, dopo proverete a proporne una vostra versione.» inventare una ricetta, mettersi completamente in gioco. Infilare le mani in pasta sembra semplice, o almeno Jerome la mette su questo piano «Una versione che assaggerò volentieri, ovviamente.» un occhiolino e via, rincuora così i presenti. Non gli importa di eventuali errori, l’importante e vederci divertire dice. Schiocca le dita, ognuno si ritrova l’attrezzatura necessaria sulla superficie di lavoro. Sono già proiettata verso la prova pratica, distratta avvolgo la ceramica, il palmo che si bea del suo tepore. La porto alle labbra, la bevanda scivola giù e i sapori emergono chiari. Sa d’inverno, di fredde serate accoccolati davanti al camino a raccontarsi storie mentre nevica. Pensieri – seppur sentiti e nostalgici – fuori stagione, se devo tentare di creare qualcosa di simile vorrei ispirarmi maggiormente all’attuale primavera. Una stagione che sa di vita, durante la quale la natura torna a respirare a pieni polmoni. Apro i cassetti della memoria, quelli dove sono racchiusi i ricordi delle vacanze in Irlanda, di lunghe passeggiate tra alberi rigogliosi e vasti prati fioriti. Immagini di pic-nic vicino ai corsi d’acqua, al termine dei quali ci divertivamo a raccogliere bacche commestibili dai cespugli pieni di rovi. La brezza, infine, che smuove le foglie e scompiglia i capelli. Con la stessa leggerezza del vento estraggo la bacchetta e la passo delicatamente sul fornelletto da campo, basta una semplice formula per far divampare la fiamma. Spezzetto un po’ di cioccolata in un pentolino in rame, lo accompagno con del latte che verso pian piano a filo. Intanto il fuoco fa il suo dovere e inizia a fondere l’ingrediente principe, i contorni dei frammenti che lentamente perdono definizione. Con un mestolo lo rigiro gentilmente, finché non ottengo un composto omogeneo, liscio e lucido. Non mi resta che aromatizzarlo, sul tavolo ci sono diversi barattoli tra cui scegliere: spezie, frutti e ogni ben di Dio. Vado sul sicuro con i frutti di bosco essiccati – un mix di mirtilli e lamponi per la precisione –, me ne basta una piccola manciata per far sprigionare al preparato un profumo dolciastro. Amalgamo il tutto e, una volta pronto, lo lascio scivolare nella tazza. È caldo e fumante, vi immergo un cucchiaino per poterlo assaggiare. Non è male, il contrasto tra l’acidulo e l’amaro del cacao è piacevole. Magari lo riproporrò a casa, sicuramente mia madre sarà capace persino di migliorarlo con una delle sue erbe segrete.

Camille Donovan | Hufllepuff Prefect







Interazioni: \\


Attività svolte

1. Condividi cioccolata con qualcunə.

2. Indossa un paio di orecchie da Coniglio Pasquale.

3. Decora un guscio d'uovo.

4. Fai a gara di salti con un Coniglio Trasformante.

5. Sfida qualcunə ad una Caccia alle Uova.

6. Prepara la cioccolata calda perfetta.

7. Arrampicati su una carota gigante.

8. Ogni famiglia ha le proprie tradizioni per Pasqua, condividi la tua con qualcunə.

9. Sorpresa! Apri l’uovo di cioccolata di chef Gautier e racconta cosa trovi all’interno.

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view post Posted on 1/5/2024, 14:41
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P
er la miseria. Perché ho deciso di venire qui?
Non sopporto le feste.
La gente, il rumore, le chiacchiere. La gente che chiacchiera e fa rumore festeggiando. CIELO.
Poco fa, mentre camminavo sulla via principale, ci è mancato poco che venissi travolta da un nugolo di conigli giganti. Conigli giganti, ci credete? Solo quando li ho sentiti parlare ho capito che dovevano essere un…branco? di bambini intenti nei loro giochi. Ma insomma: saltavano come cavallette, avevano lunghe orecchie sulla testa e, non so per quale motivo, erano pure pelosi - non fate domande a riguardo, non saprei rispondere. In un baleno sono spariti tra le attrazioni della Festa, ed io ho continuato per la mia strada.
Procedo a passi spediti, scivolando tra la folla come un’acciuga in una foresta di alghe. Il cappello calcato sulla fronte mi impedisce di incrociare gli sguardi delle altre persone. Tutto calcolato. Unico mio pensiero: raggiungere l’uscita nel minor tempo possibile e sgusciare via come se non ci fossi mai stata. Sparire.
Del resto, io non dovrei nemmeno essere qui.
Tutta colpa di una colonia di conigli trasformanti. E di un brutto raffreddore.

«Non bosso bortare i gonigli al Festival, con quesdo raffreddore!» ha esordito qualche ora fa mio padre, la sua voce mi parlava attraverso il fuoco del camino.
«Perché no? Non hai mica la scabbia.» Non l’avessi mai detto. A questa affermazione, apparentemente così limpida e ragionevole, è seguita una lunga spiegazione che aveva a che fare con golonie di gonigli, virus mortali, un certo Signor Smith (o Bith, o Cliff, o qualcosa del genere) e una pirofila di patate arrosto. Ho capito a malapena un terzo di quanto mi ha detto.
«Vorrà dire che il Festival resterà senza i tuoi conigli trasformanti, quest’anno.» limpida, ragionevole, pragmatica.
«Do, vorrà dire ghe li borterai du.» Ah-ah.
«ASSOLUTAMENTE NO.» ho riso, ma ero seria più che mai.
Vi risparmio il seguito: il fatto stesso che io sia qui la dice lunga sull’esito della conversazione. Insomma, una bella pacca sulle spalle e via! Buona fortuna, Atena.
In realtà, so bene quanto mio padre ci tenga a questa tradizione. Ogni anno, sin da quando sono bambina, si occupa di allevare i conigli per il Festival di Primavera, fa parte del suo lavoro. E nel suo lavoro, lui, è tra i più bravi in assoluto. Solitamente lo fa per il Festival del paese: ne alleva qualche esemplare da esibire durante i festeggiamenti, o da regalare ai bambini. Qualche volta le richieste arrivano anche da città più grandi, o da luoghi più remoti. Una volta, ne hanno richiesti alcune decine a Bruxelles, un anno addirittura ad Haiti. Dovevate vederlo, quella volta! Sembrava che due lucciole gli si fossero accovacciate negli occhi. Ma la parte più bella, quella che davvero aspettavo, era il dopo. Quando la Festa finiva, quando le piazze tornavano vuote e le bancarelle chiudevano le serrande. Era allora che uscivo con mio padre, nel pieno della notte. Mano nella mano ci incamminavano per le strade vuote, fino ad arrivare al recinto dei suoi conigli. Sorrideva, e se li caricava in un baule uno ad uno, pareva che li riconoscesse - e probabilmente era proprio così. Insieme raggiungevamo una collina. Una collina bassa, coperta solo di lunghi fili d’erba, tanto che sembrava essere stata modellata dalle mani del vento. Watership Dawn, si chiamava la collina. Arrivavamo poco prima dell’alba e appena giunti ai suoi piedi, insieme, aprivamo le cinghie che tenevano chiuso il baule. Era un momento magico. Restavamo seduti sull’erba, vicini, guardando i conigli che, dapprima titubanti, saltellavano sempre più sicuri verso la libertà. Quando anche l’ultimo coniglio era sparito tra l’erba più lontana, noi restavano seduti sul prato. Parlavamo tanto, mentre il cielo si faceva sempre più chiaro. Eravamo un padre e una figlia, nulla di più nel mondo. Quando il sole spuntava, con un gesto della bacchetta lui faceva apparire due tazze fumanti. Era il nostro modo di festeggiare. Di stare insieme.

«…della nostra migliore cioccolata!» una voce dall’accento vagamente francofono si alza improvvisamente intorno a me. L’effetto è quello di un ceffone in pieno orecchio. Intuisco visi sorridenti e un vago chiacchiericcio generale e con orrore mi rendo conto di essere finita in mezzo ad uno stand pieno di gente. Allarme rosso.
Sguscio tra le sagome tenendo lo sguardo basso. Un passo davanti all’altro, senza sfiorare nessuno, sono aria che passa da ogni fessura. Ancora pochi passi e sarò di nuovo sulla strada principale, mi dico. Mi sento come un coniglio sulla strada della libertà, il cancello è il mio prato verde.
E’ tale la gioia che passando accanto ad un tavolino decido di allungare la mano e di afferrare una tazza fumante posata lì sopra. A ben pensarci, è stato un gesto veramente insensato. "Ehi!" sento dire, ma non so se la voce si rivolge a me o a qualcun altro.
Ed eccolo, un attimo di distrazione.
Fatale.
Senza rendermene conto, quasi mi scontro con una delle tante sagome che mi circondano. Mi blocco di colpo, a soli pochi centimetri dal naso dello sconosciuto, la tazza stretta a mezz'aria per evitare che il liquido fuoriesca.
E' qui che commetto l’errore più grande della giornata: per la prima volta alzo lo sguardo su una persona.
SBAM.
E' come un pugno nello stomaco. Una secchiata di freddi macigni che mi viene riversata sulla testa, senza alcun preavviso, senza nessuna pietà. Lo riconosco subito, non c'è bisogno di ulteriori sguardi, o di pensarci sopra o di una voce nella mia testa che mi dia qualche suggerimento. Il suo viso l'ho visto per anni: Oliver Brior. E accanto a lui altri due volti altrettanto noti, nomi ben conosciuti: Camille Donovan e Nieve Rigos.
Resto muta.
Coniglio in trappola.

Per la miseria. Perché ho deciso di venire qui?


Spero di non aver combinato troppi pasticci. :flower:
Interazioni Scontri: Nieve, Camille, Oliver.

 
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view post Posted on 2/5/2024, 12:56
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Triste, come chi ha perso il nome delle cose.

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CodiceHo così tanti incantesimi addosso che temo David Copperfield possa fiutare la mia presenza e sopraggiungere per domandarmi un autografo. Ho così tanto veleno di medusa in corpo da squagliare un daino adulto di medie dimensioni. Ho così tante persone addosso che il mio spazio personale ormai è diventato una leggenda metropolitana.
Io li guardo e loro non mi vedono. Non tutti. Sto nel mio séocculto per evitare interazioni sociali non gradite. Strano, perché è Pasqua.
La campagna nei pressi di Diagon Alley è diventata magicamente una fiera, a cui io ho deciso di partecipare. Mi domando ancora perché abbia accettato. Il ricordo della Grigliatona dell’anno scorso, con tanto di blitz degli antimago – rigorosamente scelti tra quelli dal QI a temperatura ambiente – ritorna a galleggiare nei miei ricordi ed io tento di annegarlo. I flutti riportano a riva qualche frammento e lo lasciano lì a marcire e gonfiarsi come la carcassa di una balena, mentre mi guardo intorno in preda ad una mania di persecuzione. Vengo da un PTSD, ma questa volta sembra filare tutto liscio.
Lo chef pasticciere, a questa ripresa, pare la versione gettata sguaiatamente in lavatrice del buon vecchio Vandermolen. So che non troverò bestie rare a rosolare in qualche padella e quasi un po’ mi dispiace. D’altro canto le opzioni vegane hanno preso il sopravvento, perché tutti hanno un po’ paura che la storia possa ripetersi, e mi sembra che gli organizzatori abbiano voluto correre ai ripari. Io ho delle carote in un bicchiere e me ne pento. C’è del ghiaccio. Mi ci tuffo dentro con lo sguardo e cerco di capire perché, e perché siano perfettamente divisi occupando la metà del loro spazio uniformemente. Uno sulla destra, l’altro sulla sinistra.
Non solo potrei non aver mescolato. Non solo potrei aver chiesto il mio succo così. Autisticamente, sono finito a dividere equamente il malloppo di cubetti arancioni da quelli trasparenti. Non è nemmeno un vero succo. Ed io non sono io.
La figura del supplente Zwick mi sta così bene addosso che me la sono portata fuori dalle mura del castello. Lavorativamente parlando sono in una sorta di limbo per cui non sono né in vacanza, né impegnato con la revisione del programma di trasfigurazione. La burocrazia mi è entrata in una rotula come un proiettile a punta cava e mi rendo conto che tecnicamente sto facendo da babysitter invisibile ad un branco di ragazzini. Alcuni per le vacanze rimanevano a Scuola, spesso non per scelta. La quantità di orfani nel mondo magico è comicamente tragica e mi verrebbe da ridere, se non fosse per il fatto che è diventata una mia rogna. Sono ad un evento importante in veste ufficiale e devo badare a disgraziati veri e perditempo farlocchi, che con qualche permesso speciale hanno cambiato idea sulla permanenza tra le mura di Hogwarts a cose fatte. Il pensiero che chi se l’è data a gambe per godersi le festività non è affar mio, in vero, un po’ mi rincuora. Per quanto riguarda gli altri, invece, la tossina che ho in circolo mi aiuta a non comportarmi come avrebbe fatto Moloch. Mi faccio coraggio pensando che devo tenerne d’occhio solo una manciata ed inizio a vagabondare senza meta, cercandoli nella folla per controllare che non finiscano in qualche strano traffico d’organi.
È tutto così magico, i contorni prendono colore ed il movimento incessante di persone, animali e stramberie varie si trasforma in pennellate vivaci nell’aria. In tutto questo caotico e cromatico via vai, riesco a riconoscere i miei polli senza fatica. È per via del loro pattern di movimenti, penso, sembrano i boss in miniatura di qualche souls-like ed a forza di averci a che fare l’ho memorizzato. Mi viene voglia di fare delle capriole in preda al panico ogni volta che uno di loro mi si avvicina, ma poi mi ricordo che non mi vedono e riprendo a respirare. Stanno bene, si divertono e direi che per ora sto adempiendo ai miei doveri in maniera quantomeno decente.
Il cestino che mi han dato all’arrivo è finito in una delle tasche espanse della mise da nonnetto elegante che mi ostino ad indossare, giusto perché ho fatto il grave errore di lanciare quella moda il giorno della mia assunzione. Conciato così sembro comunque un marmocchio e la cosa ha un’ironia tutta sua.

Nel tumulto di cristiani festanti scorgo un volto che non vedevo da tempo, insieme a qualche altra faccia amica ed un musetto che mi ispira tenerezza. Due? Tre? Forse me lo sto immaginando: inizio anche a vedere cose che non dovrei vedere. Esco dall’incanto di disillusione quando sono ad un paio di passi da lei, approfittando della distrazione.
«Signorina McLinder, è un piacere conoscerla finalmente». La saluto con un sorriso cortese ed un tono a modo. Sventolo placidamente la mano e la trovo estremamente buffa. I suoi contorni sono di una piacevole tinta acquamarina, quando è ferma. Ognuno aveva una sua aura personale, con il giallo ed il blu ad ondeggiare nell’etere, sfumando in una maniera unica ed inimitabile.
Ovviamente è tutta una truffa ed io sono un bastardo, già ci conosciamo, ma lei non mi ha mai visto sotto quelle vesti e non mi ha mai sentito parlare con quella voce.
«Edgar Zwick, credo di aver ereditato la sua cattedra». Scherzo, senza scherno e senza malizia. Voglio sembrare quanto più sobrio possibile. Mi porto la mano libera al ventre e accenno un inchino. Sembra un harakiri mimato malissimo.
In qualità di Camillo le voglio bene dal profondo dell’anima, è sempre stata un’insegnate eccezionale ed una figura di riferimento importante per la mia casata. Per quanto poco abbiamo interagito a tu per tu negli anni, è impossibile provare una qualsivoglia forma di distacco. Nelle vesti del supplente, so di essere solo un lontano ammiratore e mi comporto come tale.
«Ho sentito voci meravigliose sul suo conto, così tante che ammetto la cosa mi faccia sentire un po’ un impostore». Lo sono. «Si sta divertendo?». Ad occhio e croce non sembrerebbe.

Punto i miei studenti con uno sguardo allegro e attiro anche la loro attenzione, rompendo l’incantesimo. Immagino che con Oliver non serva, è sempre stato piú bravo di me con la magia. Per quanto riguarda le altre due, invece, non sono sicuro di esserne sicuro. L’anima di quel disgraziato di Socrate mi batte una pacca sulla spalla per la semicitazione metanarrativa ed io mi sento una sorta d’intellettualoide improvvisato.
«Ragazzi, è un piacere vedervi qui. Come procedono i festeggiamenti?» Domando, con il solito modo di fare affabile che mi trascino dietro come un cadavere. Mi auguro mi riesca decentemente, è un riflesso del vero me che torna in superficie; in teoria ho un buon rapporto con tutti loro, ma ho un po’ il sospetto di aver esasperato Camille. Per Nieve probabilmente vale lo stesso. Se non altro, io non sono io, no?
«Mi imbarazza un po’ chiederlo, non sono pratico con queste cose. È normale che ci siano delle carote nel mio ghiaccio tritato?» Lo dico serio, come se fossi appena uscito dalla mia grotta per la prima volta. Alzo il bicchiere trasparente come a voler fare un brindisi e svelo il contenuto: le carote tutte da una parte, il ghiaccio tutto dall’altra. Faccio un sorso e nascondo con maestria l’impulso di rigettare, perché odio in maniera viscerale qualsiasi vegetale di colore arancione, ma mi torna in mente un ricordo felice. Una volta mi mangiai un pezzo di zucca cruda davanti ad Horus per coglionarlo. Un riferimento umoristico tutto nostro, andando a memoria direi che riguarda il suo Zuccastrello.
Solo il mio angelo custode sa quanto sono fatto, un metro e sessantasette di sostanze devastanti per il corpo e per la mente. Da fuori sembro solo nello Spettro, come al solito.

A gamba tesa e per rompervi le palle.
Interazioni: tutti.

 
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