BiblioMagic
Poche ore prima, in Sala Comune Grifondoro, l'incontro con Herbelia era stato decisivo. Domande precise, dirette, semplici, così da scongiurare qualsiasi distrazione da parte dell'altra, e alla fine la risposta che Oliver cercava era comparsa come una garanzia. All'uscita, sul punto di superare l'ampio ritratto della Signora Grassa, si era fermato di nuovo e aveva cercato il volto dell'altra. L'indice, sollevato a mo' di bacchetta magica, sottolineava l'importanza di quella conversazione.
«Sei proprio sicura che non l'abbia letto, Herb?»Aveva perso il conto di tutte le volte in cui la concasata fosse stata troppo presa da altro, e da
altri, per poter invece dedicare la giusta attenzione agli impegni da portare a termine. Per lo scorso Natale, in effetti, Oliver le aveva regalato un'agenda. Spazientita, gli occhi al cielo, Herbelia ne diede conferma.
«Ti dico di sì, ho anche guardato tra le sue cose, nel baule, nei cassetti...»«Io non ho sentito nulla.» Un sorriso nascosto, ed era così andato via dalla Torre d'Astronomia. Scendere tutti i gradini dai piani alti fino al portone principale del Castello di Hogwarts era sicuramente piacevole, in assenza di doveri impellenti e di saggi da concludere entro l'indomani. E tra l'altro, Oliver non si imbatté stranamente in alcun cambio di scale, nulla che potesse rallentare il passo. Di lì a breve raggiunse la Sala Grande, si affacciò alla ricerca dei concasati al tavolo rosso-oro e si accorse di Penny, con tanto di bricco di succo di zucca e più salsicce di quante da lontano Oliver potesse contarne. Scappò via prima di poter essere beccato, intenzionato com'era a passeggiare
da solo tra le stradine che conducevano al Villaggio di Hogsmeade. La sua destinazione era familiare, anche troppo, e rinvigoriva quel senso di aspettativa e di entusiasmo che tanto apprezzava; fuori i cancelli e i confini protetti della Scuola, infatti, proseguì senza fretta, forse per la prima volta da quando era effettivamente rientrato ad Hogwarts. La libreria di suo interesse non era troppo lontana, e le temperature di quel giorno erano così frizzantine, leggermente fredde, da permettergli di recuperare finalmente l'inseparabile sciarpa rosso-oro. Ben stretta al collo, pendeva da un lato ad incastrarsi alla borsa a tracolla, scivolando così rosseggiante e dorata fino al ginocchio destro. Socchiuse gli occhi al soffio più energico contro il quale poté imbattersi, e alla fine l'insegna conosciuta di BiblioMagic gli si stagliò nitidamente nei primi bagliori pomeridiani. Entrò con sicurezza, sistemandosi la sciarpa e spingendo le porte. Come un incontro di vecchia data, inchiostro e carta salutarono dolcemente il suo arrivo, e Oliver non poté fare a meno di sorridere. Ne approfittò così per un rapido giro: aveva un po' di tempo libero, ma si era ripromesso di concludere la lettura degli ultimi romanzi prima di acquistarne altri. Era lì, tra l'altro, per fare un regalo che non gli apparteneva. Quando si accorse della vetrinetta dedicata all'ultima uscita di Miguel Delaguerre, ancor prima delle raffigurazioni del popolo fatato, il titolo catturò la memoria dell'articolo di Jolene White, proprio alla Gazzetta del Profeta. Ancora una volta, BiblioMagic era garanzia di aggiornamento, e Oliver non rinnegò l'istinto di prendere una copia di quel libro. Al bancone, parlò con gentilezza.
«Buon pomeriggio, oggi BiblioMagic sembra perfino più luminosa.» Sorrise, indicando dietro di sé. Le copertine di Delaguerre brillavano nelle tempre della natura più misteriosa e ridente.
«Dunque, prendo questo e una copia di Le fiabe di Beda il Bardo. Non ho idea di quante ne abbia acquistato nel tempo, ma questo qui è un regalo. Se fosse possibile impacchettarlo, sarebbe perfetto.» Galeoni a portata di mano, concludere tutto non sarebbe stato complicato. Così un altro saluto e la tacita promessa di tornare presto. Ormai era un cliente abituale, e quel luogo era per lui un punto fermo.