Exp necessaria: ✓
Accesso al reparto proibito di Hogwarts in qualità di supplente: ✓ (incantesimo segnato in rosso chiaro)
1 — Ennesimo round con una delle diavolerie che aveva scoperto in biblioteca. L’olandese, con la sola compagnia delle pareti spoglie del piccolo magazzino nei pressi di Brixton, se ne stava come un salame a fissare le istruzioni che si era ricopiato. L'aria era satura di un odore di muffa, quasi come se ogni angolo ricoperto da quei funghi tossici e verdastri si fosse reso testimone silenzioso di ciò che stava per accadere. Breendbergh, la cui presenza era un turbinio di determinazione e bizzarria, si accingeva a sfidare un incantesimo meno complesso degli ultimi aggiunti al suo repertorio, ma non per questo da sottovalutare.
Con la bacchetta di salice in pugno, la cui superficie liscia sembrava pulsare di una vita propria, Camillo si concentrò. Le sue movenze, sgraziate ed impazienti, anticipavano il tentativo che stava per compiere. Orientò la punta della bacchetta alle proprie spalle, sollevando il braccio con precisione e piegando leggermente il gomito affinché questo puntasse in avanti. La posizione era un po’ scomoda, a suo avviso, ma pensò che presto ci si sarebbe abituato.
Chiudendo gli occhi per un istante, l’ex-tassofrasso immaginò un braciere di fuoco crepitante alle proprie spalle. L'immagine mentale era così vivida che quasi poté sentire il calore lambire la sua schiena, un bagliore che prometteva di diventare reale. Quando riaprì gli occhi, il mondo sembrò attendere il suo comando.
«Igni», sussurrò con voce ferma, iniziando a tracciare nella mente il percorso del fuoco, che avrebbe dovuto seguire la traiettoria immaginata, in un momento carico di un'intensità quasi tangibile. Tuttavia, nonostante la concentrazione e l'impegno che metteva nel visualizzare il braciere, il legame tra la sua volontà e l'elemento che cercava di dominare sembrava volergli disobbedire, caratteristica naturale dell’elemento che voleva sottomettere.
Con un movimento fluido, tentò di compiere la seconda parte dell'incantesimo, lanciando il braccio in avanti con un gesto che avrebbe dovuto trascinare la lingua di fuoco dal braciere immaginario e scagliarla come una frusta verso l'obiettivo prefissato, un punto vuoto di fronte a lui, senza nulla che si potesse intendere nei suoi paraggi. La bacchetta dapprima in verticale, con la punta verso il basso per attingere alle fiamme, si slanciò lungo la traiettoria. «Menti», pronunciò, con un timbro che voleva essere deciso.
Eppure, non appena la parola lasciò le sue labbra, Camillo percepì la discrepanza tra la sua visione e la realtà. Non vi fu alcuna fune di fuoco, nessuna scia ardente a tagliare l'aria del magazzino. L'unica cosa che si mosse fu una leggera corrente d'aria, provocata dal movimento azzardato del suo braccio.
Rimase lì, immobile, la bacchetta ancora tesa in avanti come se potesse cogliere l'eco di un potere che, per il momento, proprio non aveva voluto saperne di dargli retta. La delusione si manifestò come un velo sottile sul suo volto, solitamente sicuro di sé – fin troppo alle volte –, ma nei suoi occhi nocciola si accese una scintilla di sfida. Era solo il primo tentativo, dopotutto, e Camillo non era tipo da piantare tutto in asso e frignare perché le cose non erano andate come voleva sin da subito.
2 — Dopo il primo tentativo fallito, il disgraziato si fermò un momento a riflettere. La frustrazione era un nemico insidioso, ma non avrebbe permesso che prendesse il sopravvento. Con un respiro profondo, cercò di scacciare ogni insicurezza, riordinando i propri pensieri, facendosi pervadere da uno spirito battagliero, come chi prepara un secondo assalto dopo aver misurato la forza dell'avversario.
Questa volta, il suo approccio fu leggermente diverso. Concentrandosi maggiormente sulla componente mentale dell'incantesimo, tentò di rafforzare l'immagine del braciere di fuoco nella sua mente. Doveva essere più che una semplice visione; doveva sentirne il calore, il potere, quasi bruciandosi con la sua essenza. Con la bacchetta fermamente in mano, Camillo ripeté il gesto iniziale, puntandola verso il basso alle sue spalle, il braccio alzato in una posa che ormai gli risultava familiare, e quel gomito puntato in avanti che già aveva iniziato ad infastidirlo un po’ di meno. Ora era la spalla a farsi carico di qualche acciacco.
«Igni», pronunciò con una voce che portava in sé una convinzione ferrea. La sua mente lavorava febbrilmente per alimentare il fuoco immaginario, per renderlo reale. Per un attimo, quasi credette di percepire un aumento di temperatura, un segnale che il suo sforzo stava per essere ripagato.
Con un movimento più deciso rispetto al primo tentativo, il suo braccio scattò in avanti, guidato dalla volontà di dare vita alla fiamma che avrebbe dovuto seguire l'arco della sua bacchetta, come una frusta.
«Menti». Ringhiò, questa volta con un tono che non ammetteva repliche, quasi volesse costringere l'aria stessa a ubbidire, facendosi fiamma.
Tuttavia, il risultato fu nuovamente deludente. Anche se aveva affinato la tecnica, e per un fugace istante sembrò che qualcosa stesse per accadere, l'effetto visibile fu minimo. Forse una scintilla, così breve da poter essere stata solo un'illusione, balenò all'estremità della bacchetta, scomparendo prima che potesse anche solo essere considerata una manifestazione dell'incantesimo che cercava di scagliare.
Camillo rimase fermo, il braccio ancora teso in una posizione che sottolineava la fine del suo gesto compiuto con insuccesso. La delusione era ormai familiare, ma non era un semplice sentimento di sconfitta. Era piuttosto un riconoscimento: ogni errore era una lezione, un passo in avanti sul percorso che aveva deciso di intraprendere.
Il fu-tassofrasso si preparò mentalmente per provare ancora una volta, cercando di determinare cosa gli impedisse di attingere alle fiamme del braciere che visualizzava.
3 — Camillo fece una breve pausa. Si sgranchì la schiena, le gambe e riscaldò braccio e spalla facendoli roteare nel nulla. Con il viso segnato da una risolutezza rinnovata, l’olandese comprese un paio di cose in più riguardo quell’incantesimo e si decise a sperimentare con un nuovo approccio. La sua mente, ora più che mai focalizzata, sapeva come lavorare in sintonia con il corpo per far sì che il suo desiderio si realizzasse.
C'era un'aria di calma, assoluta concentrazione, mentre Breendbergh riprendeva la posizione iniziale. Questa volta, tuttavia, vi era un'aggiunta quasi impercettibile nel modo in cui teneva la bacchetta: un leggero cambio di angolazione, frutto delle riflessioni maturate nei tentativi precedenti. Il legno sembrava vibrare dolcemente al tocco, come se anch'esso fosse impaziente di liberare il suo potenziale. Quella posizione piú rilassata eliminava le distrazioni date dal fastidio che provava mettendo in tensione la spalla, ma la bacchetta rimaneva sempre perpendicolare al braciere vivido nelle sue fantasie.
Fissando un punto invisibile davanti a sé, Camillo visualizzò il suddetto braciere, il fuoco, con una chiarezza mai raggiunta prima – questo, nei suoi pensieri, prendeva forma alle sue spalle. Poteva quasi udire il crepitio delle fiamme, sentire il loro calore avvolgerlo. Era un'esperienza sensoriale completa, che lo legava al fuoco, tanto che l’emozione che stava provando si trasformò nel riflesso delle braci accese.
«Igni». Parlò. La sua voce era ora un sussurro, una promessa fatta a sé stesso, e l’inflessione faceva risuonare le sue corde come una sfida lanciata a quella diavoleria.
Mentre la sua mente abbracciava il calore del braciere immaginario, il suo corpo rispondeva con un'armonia ardente. La bacchetta era ora puntata alle sue spalle, con la punta desiderosa di agganciare il lembo della fiamma. Il gomito in avanti, non piú teso, con i muscoli del braccio pronti a scattare. Il movimento per scagliare la frusta di fuoco fu più fluido, quasi elegante, carico di una raffinatezza che solitamente non gli apparteneva.
«Menti». Disse, con un'improvvisa esplosione di energia. Il suo braccio completò l'arco con una forza e una precisione che sembravano voler strappare il fuoco dalla fonte. Era un gesto potente, un comando impartito alle fiamme: prendere consistenza e obbedire.
Per un istante, l'aria sembrò tremare in risposta. Camillo, gli occhi fissi sull'obiettivo, percepì un cambiamento, come uno spiffero ardente che scivolava sinuoso nello spazio tra lui e il punto dove la frusta di fuoco avrebbe dovuto colpire. Qualcosa stava accadendo, qualcosa che suggeriva una maggiore connessione con l’elemento che voleva rendere suo.
Ancora una volta, tuttavia, l'attesa si sciolse in una quiete anticlimatica. Non vi fu l'apparizione della fune di fuoco, nessuna manifestazione visibile dell’incantesimo che aveva cercato di evocare. Solo l'eco di un potere che sembrava danzare appena fuori dalla sua portata, tentatore e sfuggente.
Camillo si fermò, il respiro irregolare. La delusione divenne dapprima un'ombra leggera sul suo volto, rapidamente spazzata via dal solito sorriso che prendeva vita quando la posta in gioco era alta. Aveva percepito un chiaro segnale dei suoi progressi, lo aveva sentito chiaramente quel senso di vicinanza al suo personale successo. Era una sfida, sì, ma una che era determinato a vincere. La maestria, capì, non era solo una questione di tecnica, ma di persistenza e fede nelle proprie capacità.
4 — L’odore di muffa pizzicava lievemente il naso di Camillo, mentre questo si apprestava a sperimentare ancora con quella magia. Il silenzio del magazzino era alienante, un abbraccio soffocante che lo separava dal mondo esterno. Il giovane negoziante aveva assorbito ogni insegnamento che i fallimenti precedenti gli avevano impartito, ogni lezione si era sedimentata nel profondo, costruendo una base più solida per poter procedere con lo step successivo.
Con uno sguardo che rifletteva un vigore rinnovato, Breendbergh riacquisì la posizione iniziale. La sua presa sulla bacchetta di salice era ora più sicura e morbida, infusa di una confidenza che presagiva un esito diverso. L'attimo di preparazione fu un rituale di concentrazione, dove ogni dubbio veniva scacciato, lasciando spazio solo alla certezza di un'immagine mentale vivida.
Questa volta, l'immaginazione del braciere dietro di sé non fu solo un esercizio di visualizzazione. Camillo riuscì a immergersi così profondamente nella scena che i confini tra realtà e fantasia iniziarono a sfumare. Il calore del fuoco immaginario sembrava avvolgerlo, scaldando l'aria intorno a lui, alimentando la sua volontà di successo. Bacchetta puntata alle sue spalle, con la punta in basso, gomito in avanti. Rilassato e pronto a sferzare l’aria.
«Igni». Pronunciò, la parola era un ponte tra il mondo in cui si era isolato e quello tangibile, carica di un'energia che fremeva per constatare un futuro progresso.
Il movimento per scagliare la frusta di fuoco fu eseguito con una grazia e una fluidità che l’autoimposizione aveva reso necessarie. Era come se il corpo di Camillo avesse calibrato ogni movimento, affinando la sua tecnica fino a raggiungere un equilibrio quasi perfetto tra pensiero e azione. «Menti». Esclamò poi, con un tono che era al contempo comando e preghiera, un invito aperto alle forze che cercava di dominare.
Per un momento, il tempo sembrò sospendersi. L'aria attorno alla punta della bacchetta si scaldò, caricandosi di una tensione che preannunciava la nascita di qualcosa di straordinario. Il cuore di Camillo batteva aritmico, sincopato, in eco al crepitio di un fuoco che sentiva vicino a scaturire.
Tuttavia, nonostante l’innegabile aspettativa che si era costruito e il miglioramento nell'esecuzione, l'incantesimo non si manifestò come sperato. Non vi fu alcuna fiamma a seguire il gesto della bacchetta, nessuna lingua di fuoco a danzare nell'aria davanti a lui. Solo il leggero fruscio del movimento e una piacevole scia di calore, testimoni di un potere che, sebbene più vicino, rimaneva ancora poco più in là rispetto alle sue grinfie.
Camillo restò fermo, il braccio ancora teso in una posa di sfida al vuoto davanti a sé. La delusione fece capolino nei suoi occhi nocciola, ma fu subito sostituita da una luce di caparbietà. Perché ogni tentativo lo aveva portato un passo più vicino al suo obiettivo, rivelando nuove sfumature della sua forza e della sua determinazione. Era chiaro che il percorso verso la maestria richiedeva tempo, pazienza e una volontà indomita. E Camillo aveva riserve abbondanti di tutte e tre.
5 — Ci riprovò ancora ed ancora, sistemando di volta in volta i dettagli della sua performance con pignoleria. Breendbergh lo voleva evocare davvero quell'incantesimo, a tal punto da appellarsi a tutta la sua buona volontà, alla sua esperienza con sortilegi ben piú complessi, ed al suo malsano rapporto con le fiamme, che nel corso della sua breve esistenza erano state sin troppe volte sue alleate e nemiche.
Dopo gli insegnamenti carpiti dai tentativi precedenti, c'era una nuova profondità nella prospettiva adottata, un riflesso di introspezione che suggeriva un approccio fiorito nella meditazione. Il magazzino, con i suoi spazi vuoti e le pareti mute, si faceva in disparte, lasciando che l’olandese fosse il solo ed unico protagonista di questa nuova fase, un palcoscenico silenzioso per un momento di svolta.
Camillo si posizionò con calma, una postura studiata e raffinata, le mani che non tremavano più tenendo la bacchetta di salice, e che quasi ghermivano avidamente il legame tra lui e l'elemento che cercava di domare. C'era un ritmo nel suo respiro, un'intenzione in ogni movimento che preparava il terreno per l'atto della creazione.
Con la bacchetta puntata alle spalle – puntata verso il basso, verso il fuoco – ed il gomito indirizzato in avanti, la mente di Camillo non si limitò a visualizzare un braciere dietro di sé; questa volta, cercò di diventare un tutt'uno con l’incendio che era scoppiato nei suoi pensieri, che consumava tutto ciò che si trovava oltre la sua schiena. Sentì il crepitio delle fiamme, il calore che prometteva di farsi strada nel mondo fisico.
«Igni», la parola fluttuò nell'aria, un soffio che portava con sé il peso di ogni esperienza precedente, arricchita dal desiderio di agganciare un lembo di fuoco e trasformarlo in un’arma.
Mentre il suo braccio si muoveva in un gesto che ormai gli era divenuto naturale, percepiva vi fosse qualcosa di diverso in questo tentativo. La sua azione non era solo il risultato di una sequenza di movimenti meccanici e di fantasie blande; era una connubio tra volontà e possibilità, tra il mondo tangibile e quello dell'immaginazione. Quando pronunciò «Menti», con il braccio che scattava in avanti in un gesto fluido e deciso, lo fece con l’intenzione ferrea di trascinare le fiamme nella sua sferzata.
Il silenzio che seguì fu denso, un attimo sospeso che conteneva tutto ciò su cui aveva scommesso. Camillo rimase fermo, con il braccio teso e la bacchetta ancora diretta verso il punto dove la fune di fuoco avrebbe dovuto manifestarsi e schioccare. Il suo respiro era l'unico suono nel magazzino, un affanno lieve che riecheggiava contro le pareti spoglie.
E di nuovo, era la curiosità ad impadronirsi del suo animo. Voleva constatare con i propri occhi il frutto dei suoi sforzi, della pratica, di tutti quegli accorgimenti che aveva adottato, un fallimento alla volta. Della sua fantasia che prendeva forma, del suo modo poco ortodosso di approcciarsi alla magia – quell’idea che sempre lo aveva aiutato nel momento del bisogno: guardare alle istruzioni solo come linee guida e mettere una parte di sé in ogni incantesimo lanciato. E così, con il cuore che gli si scatenava nel petto, andò in cerca della prova inconfutabile del suo successo. O dell’ennesimo fallimento, che lo avrebbe spinto a ricominciare, ancora ed ancora, fino a quando l’Ignimenti non fosse diventato parte del proprio arsenale.
IN ATTESA DEL MASTER