L’aria della sera solleticava le cime degli alberi, mentre le ultime luci del giorno lasciavano spazio alle prime stelle, che già si intravedevano nelle zone più scure del cielo. Frullii d’ali provenienti da punti indefiniti si mescolavano al frusciare delle foglie, in un ritmo scandito dai passi cadenzati della più giovane tra i fratelli Lynch. Camminava solitaria nel bosco, ma il terreno scosceso e i sentieri sconnessi erano scolpiti nella sua memoria tanto profondamente da consentirle un’andatura spedita.
Fin da quando la Passaporta che l’aveva condotta da Diagon Alley a Galway si era messa in marcia, fermandosi un’unica volta per ammirare i colori del tramonto oltre le sommità scure dell’area boschiva. Individuate finalmente le luci calde provenienti dal Quartier Generale, scorte le figure umane oltre i quadrati accesi delle finestre, aumentò il passo, azzerando le distanze tra lei e la porta della casa diroccata e affidando al batacchio a forma di trifoglio il compito di riconoscerla.
Il fragore delle voci raggiunse le sue orecchie un istante prima di comprendere che il freddo che sentiva alla mano derivava dalla Burrobirra ghiacciata che le era stata appioppata. L’atmosfera era calda e vivace, chiassosa e allegra, e gli schiamazzi facevano il paio con quelli delle serate più festose in Sala Comune Tassorosso. Si sentì a casa.
Frugò nello zainetto che aveva con sé con la mano che le era rimasta libera, individuò il bottino che aveva procacciato ai Tiri Vispi e lo lanciò a Ned: era una scatola di Fuochi d’Artificio da Stanza di Filibuster, che aveva arraffato poco prima di concludere il suo turno pomeridiano. Il fratello non ebbe bisogno di spiegazioni: incendiò la miccia e quelli presero a tracciare ghirigori di luce per tutto lo stanzone, gravitando intorno alle teste della gente. Jared, poco più in là, era talmente immerso in una concitata dissertazione dedicata a uno dei suoi cavalli di battaglia - la superiorità dell’arte pozionistica rispetto alle bacchette - da non accorgersi di nulla. Eloise ghignò, provando pietà per la ragazza che lo stava ascoltando, e bevve un lungo sorso della Burrobirra che le era stata destinata.
Era Ned la vera anima della festa: in seguito a un lungo periodo di gavetta, si preparava a un tirocinio all’estero, uno step che i suoi capi avevano definito essenziale nel suo apprendistato da Spezzaincantesimi. Pur restando a una Passaporta di distanza, lo attendeva un periodo impegnativo, in cui il lavoro avrebbe richiesto gran parte del suo tempo. Ecco la ragione di quella festa di addio alla sua compagnia di amici, la cui location non era neanche stata messa in discussione. I due Lynch più giovani erano soliti presenziare a serate come quella - divertendosi non poco - e il resto della compagnia era composta in buona parte da amici storici, ma anche conoscenti dell’ultimo minuto e amici di amici. Eloise rivolse un saluto a quelli che conosceva meglio, individuando altri volti noti solo a una seconda ricognizione. Tra questi, c’era anche Geralt Lennox: gli dedicò un cenno fugace e leggermente imbarazzato, le dita strette al vetro della bottiglia.
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Le luci del tramonto si erano ormai spente, e la penombra della serata aveva accolto i suoi inquilini. Erano passate un paio d’ore, parecchie Burrobirre erano state bevute, numerose canzoni erano state intonate e ripetuti brindisi si erano susseguiti. Con l’innalzarsi del tenore alcolico erano aumentati anche gli schiamazzi nei pressi del pergolato esterno, e qualche birichino aveva finito per imboscarsi nella selva. Altri, non necessariamente più sobri, erano coinvolti in conversazioni accorate. Eloise si era presa una pausa temporanea dal flusso inarrestabile della festa, e fissava le fiamme nel caminetto con cupo interesse, rimuginando sulle ceneri che avevano afferrato il suo foglietto bruciato a Natale.
Era dall’incontro con lo specchio che aveva sentito un peso gravare sulle spalle, come se di punto in bianco le fosse stato chiesto di prendersene carico. Ma se aveva compreso qualcosa di quell’oggetto incantato, quel fardello era sempre stato lì, e si era aggravato negli ultimi tempi: l’Eloise appesa non aveva fatto altro che puntare il dito in quella direzione, e darle coscienza del macigno che rappresentava. E le aveva suggerito schiettamente che, per quanto cercasse un senso nel sopportarlo, avrebbe fatto meglio a toglierselo di dosso.
«Qual buon vento.» La voce sorniona e sorridente che aveva pronunciato quelle parole proveniva da un punto imprecisato alle sue spalle, ma Eloise aveva ben chiaro a chi appartenesse. Era tutta la sera che cercava una scusa per stabilire un dialogo, ma aveva qualche difficoltà a trovare un momento adatto a non farsi sentire da altri. E sollevare la richiesta di parlare
in privato era un’ipotesi fuori discussione.
Quando si voltò, Geralt le stava porgendo un bicchiere da taverna con un’espressione indecifrabile, complici le fiamme che gettavano ombre ballerine sul suo volto. Accettò l’offerta allungando la mano, e considerò che neanche per lui sarebbe stato semplice decifrare la sua: camminavano nel territorio neutro del Fuoco, un Elemento che non apparteneva ad alcuno.
Fece tintinnare i bicchieri, portando alla bocca quello che scoprì essere un gin tonic semplice. Forse per l’imperativo di trovare qualcosa da dire, il suo sguardo fu distratto da un movimento alle spalle del giovane: suo fratello Ned era preso da una danza irrefrenabile, un casco da Quidditch in testa, il bicchiere in mano che gettava grandi ondate di liquido a destra e a manca. Era una fortuna che almeno lui fosse dotato con gli incantesimi casalinghi.
«Sempre sobrio.» Inclinò le labbra, soddisfatta della scena, mentre una voce acuta dentro di sé le dava della stupida per aver subito spostato l’attenzione su faccende futili. Voleva approfittare di quel momento per parlare con Geralt, e non aveva certo l’intenzione di mettersi a sproloquiare sul nulla.
Fu una fortuna che il suo interlocutore avesse parecchi anni in più, e che fosse dotato della capacità di mantenere il polso della situazione. Dopo essersi appoggiato al bracciolo di una delle poltrone sfondate, giunse al nocciolo della questione in un attimo.
«Allora… Hai sperimentato qualcosina?» Eloise si prese qualche istante per osservarlo, godendo di quel momento che aveva atteso da tanto. Aveva condotto le sue ricerche sull’identità di quell’amico di Ned, tratteggiando a grandi linee la storia che legava la sua famiglia al Quidditch, e domandandosi se ci fossero connessioni tra loro e gli elementi - salvo scoprire, in un secondo momento, che quella dell’Elementalismo (così l’aveva definita il suo Geralt) non era una magia legata al sangue, ma si manifestava causalmente nello stesso modo della Metamorfomagia. Essendo Geralt l’unico mago dotato di tale Elementalismo e annoverabile tra i suoi conoscenti (o meglio: di coloro di cui conosceva l’abilità), interpellarlo sul tema le sembrava la strada migliore da percorrere - anche senza considerare che aveva conquistato la sua simpatia da tempo. Primo, perché si era presentato a un'amichevole di Quidditch con un Boccino d'Oro
originale, e secondo per quella faccenda dell'averle salvato la vita. Per quanto la distanza di anni tenessero a bada desideri romantici, la sua esperienza e la sua maturità suscitavano un qualche vago desiderio di impressionarlo, prima a Quidditch, poi con l’ausilio dell’Aria.
Nella fatidica giornata in cui gli eventi l’avevano spinta sull’orlo del precipizio e portata a scoprire quella dote sopita nelle sue cellule, aveva scelto istintivamente di non raccontare a Ned e Jared i dettagli dell’acccaduto. Atterrati a terra, lei e Geralt avevano esitato un istante, ma non appena la rossa aveva cominciato ad attribuire al giovane i meriti del suo salvataggio, lui l’aveva seguita a ruota, rispettando il suo desiderio di mettere a tacere la questione. Da allora non l’aveva più visto, ma in ogni occasione in cui si era ritrovata a esercitare quel potere si era ripromessa di coinvolgerlo.
«Non esattamente, io… Ho fatto delle prove, ma sento di avere un controllo limitato sul mio potere.» Osservava le luci danzanti sul volto del ragazzo, indugiando sulle parole giuste per esprimere i concetti che aveva in testa. Decise di optare per la schiettezza: aveva bisogno di essere condotta per quel cammino, e affidarsi era il primo passo per stabilire un rapporto di fiducia.
«Vorrei conoscere meglio questa connessione, vorrei capire come plasmare l’Aria, come governarla, come condurla, ma… La verità è che ho paura di perdere il canale di comunicazione con il mio Elemento.» Era un timore che faticava a scollarsi di dosso quando lasciava la bacchetta e provava a richiamare l’Aria, e ammetterlo ad alta voce la lasciava con un certo amaro in bocca.
«La sola idea di non utilizzare la bacchetta mi confonde, come se non potessi riuscire a ottenere nulla, se non in grave pericolo.»«Sarà un commento banale, ma all’inizio è normale accumulare queste incertezze, e almeno in un primo momento è controproducente cercare di pensare di abbandonare la bacchetta. Gli Elementi sono indomabili, testardi, imprevedibili. La fortuna che abbiamo noi Elementalisti è di aver stabilito questo canale di comunicazione, ma la sintonizzazione è una conquista continua, un processo con infiniti gradi di profondità. Io stesso imparo ogni giorno.» Le parole che usava erano pesate e scelte saggiamente, e il risultato era il totale coinvolgimento della Lynch.
«C’è qualcosa di unico e speciale nel poter avere accesso al senso profondo delle cose che ci circondano, nel conoscerle nella loro natura intrinseca. L’Elementalismo è questo: è arrivare alla radice di ciò che compone il mondo, che lo plasma e lo determina, ma senza incedere con i piedi pesanti o imporre il proprio volere. Siamo noi al servizio degli Elementi, e non il contrario. Tienilo presente.» Il suo sguardo, prima fisso su un punto alle sue spalle come a voler afferrare un concetto etereo, si era spostato su di lei.
«Devi essere costante con l’allenamento. Esattamente come il Quidditch. Conosci gli incantesimi FATA?» Eloise aggrottò le sopracciglia in un’espressione interrogativa, ammettendo di non sapere di cosa si trattasse. Non lo interruppe, e il ragazzo procedette nella spiegazione.
«Fuoco, Acqua, Terra, Aria. Sono gli incantesimi di cui gli Elementalisti si possono servire per richiamare il proprio elemento. Si inizia dal livello più semplice, che per l'Aria è il Napteria, e puoi prenderlo in considerazione come esercizio per provare a comunicare con il tuo Elemento.» Ascoltava attentamente, e appuntava ogni parola che usciva dalla bocca del suo interlocutore.
«Lo farò.» Disse solenne, rimuginando sulle sue parole, desiderando poter sfruttare quella conoscenza ancora a lungo. Il resto della stanza era sfocato e distante, ma sapeva che molto presto quello spazio protetto in cui avevano trovato il loro attimo di pace sarebbe stato travolto dal flusso festaiolo della serata. E di certo non l’idea non le dispiaceva, ma voleva sfruttare quell’opportunità rara fino alla fine.
Pur avendo raccolto qua e là informazioni sul conto di Lennox, fino a quel momento non era stata stuzzicata dalla curiosità di scoprire le origini del suo potere. Adesso, quando il suo percorso veniva appena accennato, quel certo appetito di informazioni raggiungeva la sua coscienza, convertendosi immediatamente in interrogazione.
«Tu… Hai scoperto il tuo potere da tanto? E come?» Studiò l’espressione del ragazzo, con l’intenzione di non perdersi la risposta spontanea che i tratti del suo viso le avrebbero concesso. In effetti, vide una luce nostalgica nel suo sguardo, unita a un certo sorriso un po’ sghembo che tradiva le sensazioni positive che quel ricordo doveva suscitargli.
«Non è andata molto diversamente da quello che è successo a te...» Assaporò le parole seguenti, consapevole in anticipo dell’impatto che avrebbero avuto.
«E per assurdo anche per me la colpa è stata di un manico di scopa.» Come Geralt doveva aver previsto, sul volto di Eloise si dipinse un misto di stupore, sorpresa, meraviglia e ammirazione.
«Era un periodo in cui con i miei compagni stavamo provando una serie di cazzate per capire fino a che punto potevamo spingerci. In quel caso abbiamo deciso di provare il Quidditch subacqueo. E se te lo stai chiedendo...» Proseguì, cogliendo quella punta di desiderio di mettersi alla prova nello sguardo della rossa.
«Non è per niente una buona idea. Quando il mio incanto Testabolla ha ceduto ero troppo in profondità per risalire.» Aprì le braccia, abbandonandosi al fato che gli era stato destinato.
«Mi ero immerso-» Uno schiamazzo fragoroso e uno spalancarsi di porte annunciò l’ingresso imprevisto dalla veranda sul retro, ponendo fine all’equilibrio che Geralt ed Eloise si erano ricavati. Un ragazzone corpulento e provvisto di una chioma spettinata di capelli color paglia veniva trascinato da una moretta mingherlina, ma quando i suoi occhi individuarono il ragazzo se lo prese sotto braccio, ondeggiando pericolosamente e affidandogli il compito di reggere il suo peso imponendo.
«Vecchio Lennox, ecco dov’eri! Non hai ancora finito di pagare la tua scommessa…» Geralt, che sopportava con fatica il peso di quel ragazzone, rise di rimando, alzando la sinistra, quella libera dal cocktail.
«Hai ragione, hai ragione, non mi sono dimenticato...» Eloise lo vide spostare lo sguardo su di lei, quasi con aria interrogativa. Alzò il bicchiere, soddisfatta del risultato ottenuto quella sera. E, prima di portarsi il gin tonic alle labbra e riprendere a far festa, diede a Geralt la sua benedizione.
«Ogni scommessa è debito.» △