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Si era perso per strada, ne era convinto; non poteva esserci altra spiegazione, perché aveva inseguito l'indirizzo di suo interesse nel più accurato dei modi. Aveva provato a cercare una casetta tra tutte, aveva anche provato a vedere un richiamo qualsiasi alla volpe, forse l'abitazione stessa, portandone il nome, aveva orecchie a punta ed era tutta arancio; invece nulla, non aveva ancora portato a termine la sua consegna. Più Cincillino si spostava, più sentiva nel cuore una forte, fastidiosissima volontà di gridare ai quattro venti. Cominciava ad essere frustato per davvero e soltanto alla fine, come una benedizione dall'alto dei cieli, si accorse di un recinto che non aveva considerato. Nei pressi della periferia di Hogmseade, più o meno quello doveva essere il punto di raccolta: non avrebbe impiegato ancor più tempo di quanto non avesse già fatto e così, aprendo le ali in un'ultima virata e conseguente picchiata verso il basso, lasciò la copia del giornale e il pacchetto in omaggio. Più o meno di fronte la porta, a qualche metro di distanza. Per quel giorno, si disse, andava anche bene. C'è posta per te, Aiden Weiss. In omaggio con la copia del Profeta: StrillettereUna strillettera è una lettera contenuta in una busta rossa, spesso inviata per comunicare dispiacere e rabbia. Quando viene aperta, inizia a urlare al destinatario il proprio testo con la voce del mittente amplificata, incendiandosi una volta terminata la lettura. Se non viene aperta subito, esplode e inizia a urlare anche più forte. Il pacchetto ne contiene dieci, tutte da compilare. Aiden Weiss CITAZIONE (Oliver Brior @ 1/4/2020, 10:55) Adotta un Drago Se da bambino mi avessero chiesto circa il mio sogno nel cassetto, la risposta sarebbe stata la stessa di oggi: avere un Drago. Il desiderio di ogni mago o strega, prima o poi nella vita, un po' come un progetto inarrivabile, e tuttavia pronto ad attingere ad ogni speranza più intima. Vorrei diventare Ministro della Magia, diceva qualche mio vecchio amico; vorrei diventare Preside di un'Accademia di Stregoneria, poteva aggiungere un altro; tutti sogni preziosi, non c'è dubbio, semplicemente non erano i miei, non mi appartenevano. Vivevo costantemente l'idilliaca rivelazione di avere un Drago per amico: ogni sera, prima di andare a dormire, chiedevo a mia madre di leggere un racconto, di inventarne uno. Storie di Draghi, creature affascinanti, mistiche, fuori dall'ordinario; così si spalancavano le ali, la voce di mia madre annunciava il ringhio profondo della bestia assoluta, e mi bastava socchiudere appena gli occhi per esserne trascinato, vinto più del solito per un bambino della mia età. Come un velo, al di là delle palpebre calate, scorgevo così cieli di cenere e lapilli, la terra che consumava la sua natura all'indomito fuoco dei Draghi: le narici roventi, le fauci spalancate, le creste più a punta, le zanne velenose, la coda come un vero e proprio timone lì a metri e metri dal suolo, sospesi come grandi e grosse libellule. Era una danza di fuoco e di aria, e sentivo di voler parteciparvi, di voler esserne travolto a più non posso; in quell'incontro di Cielo e Terra, io volevo ballare, ballare fino a sentire male alle gambe, ballare allo sfinimento. Quando i miei compagni di scuola convincevano i loro genitori a comprare una Puffola Pigmea per un'occasione importante, io tentavo in ogni modo di convincere i miei, invano, ad avere un uovo di Drago. Uno qualsiasi, mamma. Lo ripetevo dal mattino alla sera, riempivo pagine e pagine di pergamene, mai con successo; ho inviato una lettera perfino al Ministero, qui in Romania, e mi è stata respinta. Per tutta risposta, vi dirò di più, ho ricevuto a suo tempo una di quelle lettere scarlatte, una di quelle pergamene maledette, così fastidiose da gridare ai quattro venti. Strillettere, proprio quelle. Perfino quando la voce del Ministeriale mi raggiunse con un'imprecazione non troppo velata, perfino quando la pergamena si bruciò da sola, pezzetto dopo pezzetto, perfino allora io non potevo cambiare idea. Mentre la carta veniva avvolta dalle scintille, io immaginavo il respiro di un Drago, il suo fiato rovente sulla mia pelle. Cominciai ad esserne ossessionato, più del solito. Nessuno comprendeva il fascino di Creature simili, era magia mistica in assoluto; i Draghi, quelli in carne ed ossa, erano così antichi, così rari, così intrisi di bellezza da non avere eguali in natura, in nessun caso. Per la fine del mio percorso accademico - voti discreti, sarò sincero, con una tesi tuttavia pluripremiata sulle Origini del Lungocorno Rumeno nei Carpazi -, la mia famiglia mi spedì un regalo: un biglietto per un viaggio, una Passaporta di sola andata per la Nuova Zelanda. Immaginai fosse un viaggio di avventura, uno di quelli di riscoperta tutta piacevole; quando mi ritrovai catapultato dall'altra parte del mondo, una vecchina mi attendeva con le mani piene di uova madreperlacee. Inizia qui, ed ora, il tuo apprendistato. Quelle sono state le sue parole, e le ricordo tuttora come il messaggio più diretto e più importante di tutta una vita. Un tirocinio in una riserva di Occhiodopali degli Antipodi, i draghi neozelandesi e australiani; e mentre io e la vecchina salivamo l'altura, fino alla vetta del Monte Tarawera, ogni dettaglio si stagliava per me come un sogno ad occhi aperti. Alla fine i miei genitori avevano assecondato l'istinto di sempre, e sentivo di essere nato per quel mondo come mai prima di allora. La prima volta che vidi un Drago, uno dal vivo, è stata proprio lì, in Nuova Zelanda, all'Isola del Nord. La corazza iridescente, le creste più scure fino alla coda acuminata, e gli occhi, quegli occhi che non avrebbero potuto avere rivali. Senza pupilla, una pozza profonda: la magia innata, l'antica magia. Con il trascorrere del tempo, ho imparato tanto, e quella vecchina che oggi è scomparsa è stata per me mentore e madre, insieme. Ad oggi il mio nome si forgia del titolo di Dragologo, sono tra i Magizoologi più famosi e ricercati nella comunità magica mondiale: Dr. Patrick Kowinski, ricercatore e osservatore, autore di numerosi saggi sui Draghi. Se dovessi parlare di me, però, direi sempre di essere quel bambino che sognava un uovo di Drago. Forse è stato il mio passato, più che gli anni di addestramento e di studio prezioso, a spingermi oltre: ho raccolto le lettere di tanti maghi, di tante streghe, e tra queste c'erano quelle di molti bambini. Posso avere un Drago, chiedeva qualcuno. E ho ricordato il diniego di mia madre, le imprecazioni e i sospiri di mio padre; ho ricordato la Strillettera che il Ministero Rumeno mi aveva spedito come un assalto a tutto tondo; ho ricordato il rifiuto, l'insofferenza, l'insoddisfazione. Quello che potevo essere, quello che desideravo essere, e tutti gli ostacoli che la vita, il mondo, il tempo mi hanno posto contro. Così ho recuperato una boccetta di inchiostro, la piuma fremeva tra le mie mani, e quando ho scelto la pergamena più pulita, più chiara e più curata - nessuna Strilettera, non avrei fatto lo stesso errore -, le parole avevano già preso forma, nero su bianco. Sì, bambino mio, puoi avere un Drago. Una frase che suonava folle, perfino per un visionario come me; ma al di fuori della baita sulle cime di Tarawera, ad un palmo dalla scrivania alla finestra, il vulcano neozelandese ruggiva in volute di fumo, nascondeva i Draghi più liberi, dai più piccini a quelli più grandi, e un battito di ali possenti accolse ogni mia aspettativa. Quella frase, lì in inchiostro affrettato, custodiva in sé il peso di una promessa. La stessa che avevo fatto al bambino che un tempo sono stato. Quella lettera ha fatto il giro del mondo magico, ha creato relazioni e poi amicizie che tuttora sento fin nel cuore, e con mesi di organizzazione e di scambi epistolari, con gli incontri più disparati e versatili, finalmente quel sogno nel cassetto prendeva già inizio. L'idea di tessere una rete tra le riserve più famose di Draghi, da un capo all'altro del pianeta, tutto questo non era impossibile. Come un respiro all'unisono, come un soffio, infine come una scintilla dopo l'altra, è stato un lavoro con la lettera maiuscola. Ad oggi, con l'intercessione del Profeta, è con orgoglio, emozione e vivida partecipazione che vi parlo della mia storia per fare luce su un'altra trama, molto più estesa. L'associazione Draghi Uniti Per il Mondo collega circa dieci paesi con un unico filo conduttore: le Creature Magiche, i Draghi. Le riserve in cui vivono sono gestite da Domatori e Dragologi esperti, dai tirocinanti fino agli studiosi più navigati, tutti accomunati da una passione e da una determinazione tanto necessarie per la salvaguardia, il controllo, la preservazione dei Draghi. Dalla Nuova Zelanda, dove tutto è partito, fino al Perù, passando per l'Oriente in Cina e poi via, ancora più su, verso l'Europa con più siti. Specie di draghi tra di loro diverse, dai Dorsorugosi Norvegesi fino ai Dentedivipera Peruviani, dai Petardi Cinesi fino ai Gallesi Comune Verdi, dai Neri delle Isole Ebridi fino agli Occhiodopali degli Antipodi, dagli Ungari Spinati fino ai Panciasquamato Ucraini, senza dimenticare i Grugnocorto Svedesi e i Lungocorno Rumeni. Draghi di ogni forma, di ogni razza, di ogni prestigio; dalle corazze possenti, a squame o cresta, con corna o spine, di uno e più scintillanti sfumature, è il colore che diventa fuoco, l'energia ancestrale di bestie magiche, di creature irraggiungibili. Interesse dell'associazione è avvicinare la comunità magica ai draghi, realizzare un incontro che possa aiutare a comprendere il mondo di tali creature, il loro universo, le loro caratteristiche. I draghi esistono da secoli e secoli, volano sulle nostre terre da più tempo di quanto si possa immaginare per davvero, e sono nell'immaginario collettivo - tanto del nostro mondo quanto di quello non magico - in modi indissolubili. Spaventano, preoccupano, sono associati al pericolo, e tuttavia anche al fascino, al mistero, all'infinito. C'è una lezione che viene impartita a tutti i Dragologi, fin dall'inizio: i Draghi sono creature estremamente complesse, ma sono nostre creature. Appartengono al nostro mondo, alla nostra vita, alla nostra identità. L'associazione di cui sopra nasce come collaborazione internazionale e si pone come tramite tra maghi e draghi. Permette di fare richiesta, tramite corrispondenza, di adottare un vero e proprio uovo di drago: da lontano, con una serie di aggiornamenti da parte della riserva tramite missive, scatti fotografici, curiosità e così via, ciascuno potrà seguire la nascita, la schiusa, lo sviluppo e la crescita del proprio drago. Un sogno nel cassetto, una risposta concreta: la possibilità vera e propria di adottare un drago, di entrare a far parte di un progetto più grande, di vivere fin nel profondo un'esperienza unica nel suo genere. C'è una mappa che illustra nel mondo le specie principali di draghi e le riserve di riferimento. Lasciatevi travolgere da questa folle, misteriosa, sorprendente idea. Ad ogni adozione, un uovo della razza di drago da voi scelta verrà schedato e indicato con i vostri dati di riferimento, e sarà come avere un amico imponente e volante da una parte del mondo. Un drago lontano, un drago vicino, in un incontro che seguirete insieme con gli esperti che cureranno nel tempo il vostro scambio epistolare. Si prospetta una schiusa di qui al dodici Aprile, per ogni adozione in questo periodo verrà inviato ad ogni mago e ad ogni strega un uovo di cioccolato, proprio della forma dell'uovo di drago scelto, con una sorpresa speciale. Un'occasione che già compie la differenza, con moltissime richieste da ogni angolo del pianeta. E per voi, amici britannici, il Profeta si pone come tramite. Non lasciate scappare questa preziosa possibilità, coltivate questo messaggio. Alla Redazione i miei ringraziamenti per aver reso pubblica la mia testimonianza e aver illustrato l'iniziativa che sta prendendo vita, ormai da mesi, tra le nostre riserve. A quel bambino che anni addietro chiedeva di voler un uovo di drago, a quel bambino che nel presente esaudisce questo stesso sogno con tutto il cuore, ad entrambi rispondo ancora una volta. Sì, bambino mio. È possibile.
Dr. Patrick Kowinski Magizoologo, Dragologo Fondatore dell'Associazione Draghi Uniti per il Mondo Monte Tarawera, Riserva dei Draghi Nuova Zelanda
CITAZIONE (MasterHogwarts @ 22/3/2020, 18:50) Miei cari lettori, Siete forse stanchi dei costanti, indecifrabili cambiamenti che stanno scombussolando le gerarchie magiche? Se la risposta è “sì”, allora mi spiace tanto per voi. Alle soglie della fine dell’anno scolastico, nel bel mezzo della finale del nuovo Torneo indetto dalla scuola, il Ministero torna a far parlare di sé, rubando la scena. Pochissime ore fa, come comunicatoci dal Ministero della Magia stesso, è stato infatti nominato il nuovo Direttore del San Mungo. Scommetto che sono molti i nomi che annebbiano la vostra mente in questo preciso momento ma fareste bene a dimenticarvene. Il ruolo è invero piombato sulle spalle di uno sconosciuto, un certo Paul Dwight, la cui esperienza in Medimagia non ci è ancora stata confermata. Che la struttura necessitasse di una guida era chiaro a tutti. I corridoi dell’Ospedale, carenti di personale adeguato ma colmi di feriti, sono diventati un posto caotico nel quale perdersi nel tentativo di ricevere informazioni sui nostri infermi o nella speranza di non morire per un Mangialumache evocato dalla bacchetta sbagliata. Il disordine e lo scompiglio regnano sovrani e tra infermieri che si improvvisano segretari e dottori in ritardo per interventi mai comunicati, un nuovo Direttore sembra essere il Lumos all’imbocco del Tranello di cui avevamo bisogno. Sarà davvero così? Cosa sappiamo veramente di questo Dwight? Quasi nulla. Figlio di un Magonò, frequenta Hogwarts e ricopre subito le cariche più importanti: Prefetto prima, Caposcuola poi, sotto la guida di Tosca Tassorosso. Al termine del suo percorso scolastico, stravolge le aspettative degli insegnanti e si allontana dal Mondo Magico. Dopo anni di assenza, lo ritroviamo al ballo delle Ceneri, il volto coperto da un’ustione di cui nemmeno lui, apparentemente tanto bravo da ricoprire la più alta carica del San Mungo, ha saputo porre rimedio. Cosa è successo durante gli anni di abbandono? Dove si è rifugiato? Nell’Ombra, sussurrano alcuni mentre la notizia ufficiale lo vuole in viaggio, desideroso di apprendere quanto più possibile circa la Scienza della Medimagia, per fare il suo trionfante eppur silente ritorno. Se è così che stanno le cose – lascio a voi, come sempre, la libertà di scegliere in cosa credere - i suoi obiettivi sono stati raggiunti.
Dal canto nostro, Carissimi miei, non possiamo far altro che sperare, ancora una volta. Sperare che questi cambiamenti siano stati fatti con la Ragione di chi vuole migliorare le cose, di chi si sottrae all’Ordine marcio, corrotto e sbagliato che le Forze del Male vogliono imporci. Sperare che la nostra fiducia nel Sistema venga ricambiata un giorno, che ci sia un Mondo Magico migliore alle porte. La luce non è poi così lontana; e allora armiamoci di animo coraggioso e confidiamo nel fatto che, questo ennesimo salto al potere da parte di un nuovo, sconosciuto volto, sia la cosa migliore. La luce non è poi così lontana, miei cari Lettori, e spero di incontrarvi tutti sotto di essa un giorno; Noi che siamo il popolo, Noi che inspiriamo e rincuoriamo la Voce del Profeta.
Il vostro affezionatissimo
CITAZIONE (| Kei @ 30/3/2020, 18:53) "Olivander" è da secoli sinonimo di qualità e prestigio nella fabbricazione di bacchette magiche nel nostro Mondo, ma sarà sempre così?
Quando il primo Olivander decise di lasciare il Mediterraneo nel 382 a.C. alla volta della Gran Bretagna, sapeva già avrebbe riscosso successo fra i maghi inglesi con le sue innovazioni tecnologiche. Inutile dire ebbe ragione: fin da subito ottenne l'attenzione della comunità magica nelle contee a sud del paese, introducendo nel mercato inglese nuove tecniche di lavorazione e materiali d'eccezione, sbaragliando la concorrenza con bacchette leggere e maneggevoli. Niente più staffe e catalizzatori druidici antiquati e tradizionali: si aprono le porte alle bacchette flessibili, rigide e i nuclei affini all’anima stessa del Mago! Fu soltanto durante il ventesimo secolo che con Garrick Olivander alla gestione dell'attività di famiglia, questa cominciò a ottenere fama internazionale.
Inizialmente criticato e additato come un folle visionario, andò contro le osservazioni di colleghi e parenti per aprire una nuova bottega a Diagon Alley (l'attuale sede centrale dei Negozi e Laboratori Olivander) per mettere in vendita i suoi nuovi modelli di bacchetta. Corda di cuore di drago, crine d'unicorno e piuma di fenice divennero i suoi cavalli di battaglia in pochi anni, attirando l'attenzione di fabbricanti e impresari oltre-oceano.
"Sede Centrale delle Fabbricazioni Olivander, Diagon Alley, South Side, Londra", Scatto di Ariel A. Vinstav.
«Sapevo di dover cambiare nuovamente le tradizioni e puntare a raffinare i nuclei: più forte è la componente magica che alimenta la bacchetta, più questa può reagire con precisione alla presenza di un mago e sceglierlo.»
Si spiega così Garrick Olivander durante il nostro breve incontro, mostrandomi nel retrobottega numerose delle splendide creazioni che ancora aspettano l’arrivo del loro fattucchiere predestinato.
"Retrobottega della Bottega delle Fabbricazioni Olivander, Diagon Alley, South Side, Londra", Scatto di Ariel A. Vinstav.
«Ai tempi come oggi, Signorina Vinstav, il potere viene considerato il marchio di qualità di una bacchetta: bastò mostrare incantesimi potenti per vedere affermati i miei lavori come opere d’arte.»
Sostiene così con una latente amarezza, il famoso fabbricante, perdendosi con lo sguardo fra i ricci di alcuni legni di ciliegio. « Ma ciò che voglio che i maghi comprendano è che il futuro di Olivander, il suo marchio di qualità, non sta nel Potere che le mie bacchette potranno dare al mago, ma la certezza che verranno sempre scelti da uno spirito affino. Non dò un’arma, ma un compagno solidale.»
Non può evitare di guardare la bacchetta che tengo alla mano destra durante quella conversazione, osservandola come farebbe un uomo di buon cuore davanti ad un bambino smarrito: accortezza, preoccupazione e una punta di dolcezza a risaltarne le iridi.
È per questo che non posso evitare di chiedergli del suo rapporto con le sue creazioni «Come figli, dice? Penso siano più miei nipoti, ormai: mio figlio e alcuni miei associati stanno apprendendo i segreti del mestiere. Confido un giorno potranno innovare anche loro la tradizione dei Fabbricanti e rendere le mie risorse antiquate. Non si dice mai no al cambiamento.»
Di lasciar bottega in tempi recenti, però, non sembra affatto intenzionato.
«Bisogna imparare a comunicare con i nuclei prima e con i legni dopo: trovargli una casa adatta. Non è solo essere artigiani, ma anche genitori – proprio come ha detto lei, signorina!» È lunga la strada per la discendenza Olivander, sembra! Suo figlio, però, da dietro il banco di lavoro non ha mai smesso di sorridere alle parole del padre nel corso della nostra breve intervista.
Ho fiducia che se è di un istinto paterno o materno quello di cui c’è bisogno per cogliere i segreti dell’arte degli Olivander, le future generazioni possono sentirsi al sicuro.
Il marchio di qualità esiste ancora e profuma di legno, magia e casa.
– "Originale Marchio di Qualità dei prodotti Olivander", Scatto di Ariel A. Vinstav. –
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