| Ne uscì un po’ irritata, forse ferita. Delle caratteristiche che più apprezzava di sé stessa, l’essere divertente e spiritosa era quella che le piaceva di più. Non conosceva così bene Ariel da avere la presunzione di comprendere cosa le interessasse o meno, ma pensò che la sua battuta meritasse almeno una risata, un sorriso sincero, uno sforzo innocuo da parte dell’altra. Si affrettò a dare la colpa alla marijuana per quel suo pensiero, che non potesse essere davvero irritata per qualcosa di così sciocco ed infantile. Poi, a tormentarla, la consapevolezza di aver rivelato con tanta leggerezza una parte di sé ad una sconosciuta. Non era mai stata riservata riguardo la sua bisessualità, ne aveva sempre parlato quasi con indifferenza. In verità, era solita spiare con morbosa curiosità e preoccupazione le repliche altrui. Nessuno l’aveva mai trattata diversamente, nessuno aveva mai reagito in malo modo, eppure la possibilità che qualcuno potesse risponderle diversamente da come voleva, la turbava. E accadde in quel preciso istante. Se ne pentì istantaneamente di aver lasciato andare la canna tra le mani di Ariel, ne percepiva un bisogno cieco in quel momento, la necessità di nascondere il suo viso dietro al fumo, di tenere occupate le mani, di farsi intossicare dalla droga e pensare che quello fosse la cosa peggiore che potesse fare. L’ostacolo da superare era smettere di fumare – si sarebbe detta – e non smettere di soffrire come un cane ogni volta che la presenza di Oliva la raggiungesse. E l’aveva raggiunta, era proprio lì con lei, seduta sul prato, una silenziosa ombra appoggiata alla sua spalla destra. Un peso, persino. «Oh?» Era di nuovo lì, la Mary adolescente, quella che non riusciva a nascondere i propri sentimenti, quella con la voce che si tramutava in un sussurro nei momenti di sofferenza. Voleva arrabbiarsi, pensò di averne diritto, pensò *chi cazzo è questa per reagire così ad una mia scelta di vita, non la sua*, ma non poté proferire parola perché altrimenti la sua voce avrebbe tradito troppe emozioni. Aveva di nuovo quindici anni, era di nuovo una bimbetta. Spostò lo sguardo incredulo da Ariel al cielo, il drago era scomparso e si era tramutato nella sua ex-ragazza ora seduta al suo fianco. Spostò la mano destra nell’erba alla sua destra, cercò il calore di Olivia, la sua mano. Non percepì nulla, eppure lei era lì con loro. Morse con forza l’interno della guancia, voleva trattenersi dall’esplodere. Stava reagendo peggio di quanto si aspettasse dando più importanza all’altra di quanto meritasse. *Non capisco* si ritrovò a pensare *perché fa così se lei sta con Jolene? Che pensa-* era irritata. *Che io non l’abbia notato già da quella volta?* «Lasciamo stare.» seguì appena ciò che disse Ariel, troppo presa a cercare nell’erba una fonte di calore a lei vicina, invano. Se avesse prestato più attenzione, se la canna non le avesse completamente annebbiato parte dei sensi, avrebbe realizzato che anche Ariel era in difficoltà, nel panico. E invece, perché arrabbiata, percepì la sua voce uscire come irritata dalla sua bocca. «State insieme, no?» uscì quasi come una affermazione, ma non si permise di guardare Ariel, piuttosto preferì alzare la testa e concentrarsi su quell’accozzaglia di stelle messe lì a darle fastidio.
«Non vedi che sta male?» chiuse gli occhi in un istante, inspirò profondamente e trattenne l’aria nei polmoni per un tempo considerevole. La voce di Olivia si era confusa col vento, come succedeva sempre. Sentì gli occhi inumidirsi sotto le sue palpebre. Olivia era sempre stata una persona migliore di lei e non solo lo era, ma aveva anche la capacità di trasmettere la sua bontà ad altri che a loro volta emulavano il suo esempio. Razionalmente, Olivia era morta, lei lo sapeva. Razionalmente, era lei stessa ad aver notato che qualcosa in Ariel non andasse. Ma non c’era nulla di razionale nel suo rapporto con Olivia, non c’era nulla di razionale nel fatto che potesse vederla al suo fianco in quel momento. «Mi dispiace.» Le uscì di getto, quasi timidamente. Spostò lo sguardo verso Ariel, cercando il suo. «Non è giusto da parte mia ipotizzare cose.» Mantenne su di lei lo sguardo, attese che la giornalista la guardasse prima di riportarlo di nuovo al cielo. «Parlale di te, aiuta.» sospirò. «Parlale di me. Di noi.» «Sai, non stiamo più insieme ora.» sorrise, lo sguardo distratto si muoveva tra costellazioni sconosciute. «Non l’ho superata benissimo, ovviamente.» Era amara la leggera risata che produsse, abbassò la testa verso Ariel giusto un attimo, poi tornò lì sopra, lontana. Lontana com’era Olivia. «Che la vita è strana, sai? Un giorno l’amore della tua vita è al tuo fianco e il giorno dopo è…» le lacrime erano già in gola, erano già pronte ad uscire non appena avrebbe pronunciato quella parola. Tirò su con il naso, di piangere davanti ad Ariel non le andava proprio. Di piangere a distanza di anni per la stessa persona, non le andava. «Morta.» La sua voce uscì appena, l’altra l’avrebbe sicuramente percepita. «Ma io sono qui con te, Mary.» *Ma non dovresti essere qui, Olivia. Devo andare avanti.*
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