Grazie a tutti per aver partecipato a questo concorso, spero che il tema sia stato di vostro gradimento e che vi siate divertiti a inserire i vostri pg in un contesto così metaforico, ma al contempo tangibile. Siete stati tutti davvero molto bravi nell’interpretazione del tema e per me è stato un vero piacere leggervi!
Le premiazioni esposte qui di seguito tengono, ovviamente, conto dei parametri del bando fisso, ma per le valutazioni mi sono basata sul principio obiettivo di come attraverso scrittura, linguaggio e introspezione del pg siete stati in grado di trasmettere il tema stesso. Un pizzico di soggettività è, inevitabilmente, presente e per totale trasparenza ci tengo a dire che è basata sull’impatto emotivo dell’esperienza narrata e vissuta nella role/oneshot.
Per qualsiasi dubbio o necessità, sono a disposizione via mp.
Congratulazioni a tutti voi!
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POSIZIONE | NOME | PUNTI | GALEONI | PUNTI CASA |
PRIMO | Casey Bell | 30/30 | 20 | 30 |
SECONDO | Ariel Vinstav e Mary Grenger | 28/30 | 28 | / |
TERZO | Camille Donovan | 27/30 | 14 | 27 |
QUARTO | Alice Wagner | 26/30 | 13 | 26 |
QUINTO | Edward Newgate | 25/30 | 13 | 25 |
Casey BellSebbene la valutazione grafica sia marginale, ci tengo a iniziare col dire che già dall’impaginazione dello scritto mi hai permesso di buttarmi a capofitto nel mood della oneshot e che anche la scelta delle citazioni mi ha reso fin da subito chiaro l’intento della narrazione: mi ha facilitato il coinvolgimento nella lettura e l’ho apprezzato molto. Entrare in medias res nella mente di Casey è un gran bel viaggio emotivo; fin da subito si ha come l’impressione che qualcosa sia fuori posto e non per quello che nello specifico sta vivendo nella oneshot, piuttosto quanto il fatto che è palese che ciò che lo circonda ha influito e sta ancora influendo su di lui in un modo che, concreto o fittizio che sia, Casey sembra faticare a gestire… Fino a un certo punto! Ci hai presentato un viaggio attraverso la sua psiche, una rivisitazione personale delle esperienze che hanno maggiormente colpito il lato più umano e sensibile del pg. È dolce e passionale, fa male, è violento e traumatico, ma alla fine ti fa sorridere di soddisfazione, arrivi a tifare per la sua rivalsa ed è soddisfacente da leggere. Il concetto della Fiera è proprio quello di superare un ostacolo vivo e sensiente pur di riuscire a conquistare un premio e Casey, che di Fiere ne ha incontrate più di una, è arrivato a vincere se stesso, l’accettazione del suo vero sé.
Parafrasando le parole di Silente: il fatto che sia successo tutto nella sua testa non lo rende meno vero. Soprattutto se l’interpretazione di Casey delle varie Fiere incontrate, per quanto non sia il modo reale in cui le ha affrontate, porta a una realizzazione che influisce nella vita vera. L’esito del duello è stato la scossa - metaforica e letterale - che ha portato Casey a superare tutti i suoi ostacoli del passato, che in qualche modo gli facevano muro. Mi sembra che il boss finale, la Fiera per eccellenza, sia Sirius, fulcro portante di tutta la narrazione. Per cui, complimenti! Sia a te che a Cas.
L’unico appunto che mi sento di fare, è che ho trovato naturale immergermi nel racconto perché ne conosco i dettagli, ma forse nel delirio di Casey, sia reale che mentale, manca un pizzico di contesto per rendere più chiaro “pubblicamente” il legame di dolore tra Megan e Sirius e, quindi, le condizioni e le situazioni che lo hanno portato a questa conclusione vittoriosa dopo tanto soffrire.
Ariel Vinstav e Mary GrengerAnche con voi, per quanto superficiale possa sembrare, inizio col dire che la grafica mi ha immerso perfettamente nel mood. Ancor prima di iniziare a leggere, ho sentito la dolcezza e la brutalità di una conversazione a notte fonda e a cuore aperto tra due donne che, come la citazione fa intuire, hanno sofferto così tanto da essere arrivate a non sentire nulla. Andando avanti di post in post, però, si snoda alla perfezione il fatto che, invece, si tratti di sola apparenza. Il vero problema di Ariel e Mary è che provano anche troppo, nascoste nell’ombra delle loro rispettive Fiere. Da entrambe, infatti, ho recepito il fortissimo intento di voler andare avanti a testa alta e vivere nuove esperienze, tornare a essere felici, un po’ alla “non tutti i mali vengono per nuocere”, se volessimo ridurre la grandezza delle emozioni descritte in una sola e semplice frase. La role è un’altalena di emozioni che mi ha fatto percepire entrambe Ariel e Mary come due persone reali, fatte di reazioni spontanee e sentimenti repressi come meccanismo di difesa. Spero di non aver mal interpretato il nucleo della vostra role, temo mi manchino degli elementi di conoscenza sui vostri pg ed è esclusivamente una mia mancanza. Siete state molto brave nei dialoghi, generando una conversazione credibile, che parte da un punto X e raggiunge gradualmente l’Y attraverso sentimenti repressi e nuove consapevolezze espresse. Se, come ho inteso, da questo incontro di cuori, cervelli e tante canne è appena nata una vera e propria amicizia sincera, direi che un primo passo per il superamento delle feroci Fiere lo avete compiuto alla grande!
Ariel: Entrando nello specifico, mi sento quasi di dire che la Fiera più grande, il vero boss finale di Ariel non siano la sua famiglia o Jolene; certo, c’è anche questo, il non voler esporsi per proteggere la sua persona, così come la sua carriera e la sincerità di un amore. Eppure, soprattutto negli ultimi post della role, ho come l’impressione che il suddetto boss finale di Ariel sia… Ariel! Non esiste niente di più mostruoso che il dover combattere contro i propri demoni. È come se si nascondesse dietro a un sacco di ‘se’ e di ‘ma’, addossando colpe a situazioni o persone difficili, a una famiglia difficile, quando è solo lei a porsi dei limiti; per quanto inevitabili, considerando il filo delle sue preoccupazioni. Hai reso perfettamente il suo dolore e anche il suo intento di andare oltre e superare tutto ciò.
Mary: In maniera opposta ad Ariel, ho percepito da Mary una certa consapevolezza di sé. È come se Mary sappia di autoboicottarsi e che a impedirle di superare le difficoltà è solo se stessa, ma le manca l’elaborazione del lutto, del dolore. È come se si crogiolasse in una dimensione di stasi: dato che Olivia è morta, non c’è niente che possa fare. Leggendoti, ho conosciuto un pg carico di rimpianti e rimorsi, quando invece gran parte di ciò che viene esposto nella role non è dipeso da lei, motivo per cui anche in lei vedo la sua stessa esistenza come un’enorme Fiera che le impedisce di avanzare. L’amore si impone in modi che non siamo in grado di comprendere pienamente e perdere qualcuno che ami ti fa sentire come se, andando avanti, lo stessi fisicamente rimpiazzando… Mi sembra quasi di aver fatto una seduta di psicanalisi leggendoti, perché mi sono ritrovata a farmi domande e darmi risposte letteralmente sul senso della vita. E le esperienze narrate da Mary, soprattutto la spontaneità delle sue reazioni, sono state un vero pugno nello stomaco (doloroso ma bellissimo).
Camille DonovanHai una grande capacità di rendere reali e concreti i png come fossero vere e proprie persone al pari di Camille ed è decisamente una qualità che in questa oneshot eleva il tema del contest, vista l’effettiva personificazione del png in una Fiera. Ho apprezzato molto l’ambientazione, decisamente originale in maniera ironica, nonostante lo scritto non abbia niente di ironico, tutt’altro direi! Mi mancano degli elementi conoscitivi per comprendere a pieno la personalità di Maxwell, così come quella di Camille in tutte le sue sfumature, ma sei stata davvero molto, molto brava nel ‘non detto’; senza entrare troppo nello specifico di dettagli che, presumibilmente, per te che li hai già affrontati più e più volte sarebbero apparsi ridondanti, sei riuscita a far capire la gravità della dinamica tra i due personaggi e il perché Camille vede in Maxwell una Fiera da dover dimenticare. Molto bello il parallelismo con se stessa allo specchio, accentua la sua razionalità nel volersi lasciare alle spalle tutto ciò che di brutto le è accaduto in relazione a Maxwell, compresa la parte di sé che a lungo aveva creduto di essere stata, in un certo senso, la miccia di una sequenza di situazioni traumatiche. L’unico appunto che mi sento di farti è che sono rimasta un po’ con l’amaro in bocca arrivando alla fine! Avrei voluto leggere di più, entrare più nel vivo della psiche di Maxwell e dell’introspezione di Camille.
Alice WagnerCome nel caso di Camille, apprezzo l’ironia nella scelta dell’ambientazione e il fatto che, nonostante ciò, sei riuscita a descrivere una situazione che di ironico non ha nulla. Prendi il discorso alla larga e, personalmente, è uno stile che trovo funzionale: ti fa entrare nella storia un passo la volta, partendo da una condizione che non ha nulla a che fare col nucleo della narrazione che, come tale, viene raggiunto solo dopo aver scavato a fondo. Hai descritto molto bene le circostanze casuali che portano Alice a questa sorta di ‘catabasi’ nella propria psiche e il fatto che il vero grande ostacolo sia se stessa, il modo in cui non riesce ad accettarsi e andare avanti. Grazie all’incontro con i nomadi metamorfomagus ha la possibilità di acquisire una conoscenza e, in qualche modo, la volontà di superare tutto ciò che la frena e le impedisce di accettarsi. Ho interpretato la figura di Alice come la Fiera: sebbene il contrasto sia reso benissimo, mi manca un po’ il superamento dello stesso. Come dicevo, Alice fa un primo passo verso questa realizzazione, ma non oltrepassa davvero il muro che la blocca. Avrei voluto leggere qualcosa di più, magari a livello di intenti e/o di introspezione sul superamento dei propri problemi.
Edward NewgateL’ambientazione è molto suggestiva, così come l’introspezione di Edward è resa molto bene attraverso le descrizioni che ne fai. Si capisce che, pur essendo così giovane, tutto ciò che è e, probabilmente, sarà per un lungo futuro, è causa e merito - dipende anche un po’ dal punto di vista - di chi lo ha cresciuto. In particolar modo di suo padre, una Fiera parecchio mostruosa. Spieghi in maniera schietta e definita, pur non scadendo mai in prolisse elaborazioni, il modo in cui l’allucinazione che lo colpisce è metafora di un ricordo tangibile, di ciò che è la sua vita di tutti i giorni (perlomeno di quella fuori da Hogwarts). Di tutte le iscrizioni al contest sei stato quello che ha espresso al meglio il concetto di Fiera come la intendevano nel periodo medievale, ossia l’idea di un umano o un animale che ti blocca il passaggio e ti impedisce di superare te stesso ma, proprio per questo, la oneshot lascia un po’ di amaro in bocca: manca l’effettiva realizzazione, il superamento del suddetto ostacolo. È come se Edward si fermasse nel ghiaccio, incapace anche solo di affrontare il fatto che la causa di tutti i suoi muri mentali, se così vogliamo definirli, è suo padre. Lo accetta come se non potesse fare altrimenti.
Lo scritto si ferma proprio nel momento in cui ti aspetti il superamento dell’ostacolo e non avviene!